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Cos’è il Powerlifting se non il giusto connubio di diverse Visioni?

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A cura di Simone Sanasi.
Tecnico AIF.
Medaglia di Bronzo Campionati Europei Powerlifting 2016.

DUE ESEMPI STORICI E DUE CONCEZIONI DEL MONDO DELLA FORZA

 

La scuola americana nello sviluppo delle metodiche di strenght conditioning è stata sicuramente influenzata da tutto ciò che ruota intorno alla visione del “super uomo”, più muscoli, più “alfa”.

Viceversa, la scuola russa segue molto il filone che calca le onde di uno dei suoi sport nazionali, ovvero la pesistica, dove l’uomo non si misura tanto dai muscoli quanto dalla sua impassibilità nel compiere grandi gesta.

Due mondi apparentemente opposti. Apparentemente. In realtà li trovo molto simili.

 

Presupposti diversi ma fine identico.

 

Sta a noi prendere, adattare, sbagliare, capire e migliorare.

 

Se dovessi dare una definizione generica dei due mondi direi: Forza generale per il modello americano / Efficienza per quello russo.

Due doti vitali per un buon powerlifter.

 

 

Come possono interagire tra di loro all’interno di un unico percorso di allenamento?

 

Individuando i diversi mesocicli e diversificandoli, durata e diversificazione dipendono dalle esigenze/necessità dell’atleta. Quando il tempo me lo permette, riservo alla fase preparatoria 2 blocchi di 4 settimane ciascuno e alla fase specifica altri 2 della medesima durata. 

La prima fase la identifico come lavoro aspecifico, prendendo molti spunti dal modello americano. Questa fase durerà, perciò 8 settimane.

Nei 2 blocchi successivi calco i passi dell’efficienza ritrovandomi però un atleta più forte ed in salute in angoli/piani diversi di lavoro, cosa assolutamente fondamentale per garantire una base solida di miglioramento soprattutto sul lungo termine.

 

ESEMPIO PRATICO

 

 

Un esempio di lavoro aspecifico, quindi di matrice prevalentemente americana, riguardante lo squat (con una frequenza di 3 volte a settimana) potrebbe essere questo:

 

Seduta A (lontano dal gesto gara) – volume a scalare autoregolazione:

  • safety bar;
  • cambered bar;
  • spider bar;
  • squat on the box;
  • squat h/b scalzo stance stretto.

Quindi un orientamento prevalentemente basato su gesti derivati dall’impronta americana West-Side.

 

Seduta B (vicino al gesto gara) – volume a salire range di carico:

  • Squat (bilanciere
    altezza gara);
  • Pin;
  • Box;
  • Fermi.

In pratica, variazioni del tempo di esecuzione su un assetto da gara.

 

Seduta C (lontano dal gesto gara) – ramping + back off serie×reps×%fissa:

  • Front squat;
  • Pin good morning;
  • Variante non adottata nella seduta A.

*accessori: elastici e/o catene;
**accessori: no belt prime 4 settimane, opzionale dalle successive.

L’ottava settimana sarete più forti e pronti ad entrare nell’ultima fase dell’alta specializzazione ovvero l’efficienza.

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BIG HORN FOR BIG BENCH – bench specialist program

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Di Hideki De Patto

Coach presso Ironfit Monza,

Barbarians Powerlifitng Milano,

Tecnico AIF

Laureato in Scienze Motorie

 

 

Oggi vi presenterò un programma per gli specialisti della Panca piana che è sostanzialmente un’applicazione del metodo Big Horn https://www.facebook.com/136196223160056/videos/667408850612821 .

Ovviamente il programma seppur nato per determinati soggetti può essere utilizzato su chiunque quindi sperimentatelo!

 

Per chi nasce questo programma?

 

Per dei panchisti che avevano nello specifico punti di forza e difetti identici tra loro. Mi spiego meglio: si parla di soggetti (maschili e femminili) che hanno molta mobilità toracica e leve favorevoli, quindi omero piuttosto corto e di conseguenza range of motion ridotto. Tutti i soggetti hanno come tratto comune la poca strada da percorrere col bilanciere e di conseguenza massimali sopra la media delle rispettive categorie di peso.

Nelle tre foto potete apprezzare appunto il loro accentuato arco toracico, dettaglio che si rivela importante nell’esecuzione dalla loro alzata e da cui scaturisce il loro difetto.

 

Foto – Gianluca De Carlo, 2° posto Coppa Italia Distensione su panca FIPE 2018

 

 

Foto – Maddalena Porta, detentrice di diversi podi FIPE

 

 

Foto – Annamaria Chincoli alle prese con 82,5 kg, categoria -57 kg

 

 

Qual è la problematica di fondo da risolvere?

 

Il ROM molto favorevole ha portato i soggetti ad eseguire un movimento “comodo” senza quindi cercare troppa fatica nell’arrivare al petto, proprio perché la strada da coprire era ben poca. Questo li ha portati molto in fretta a carichi importanti facendoli però poi stallare definitivamente. È facile intuire come, dovendo eseguire un percorso breve, l’errore si riscontri in un’eccentrica “vuota” e priva di caricamento. Infatti, la difficoltà per tutti si presentava poi nella fase concentrica, in risalita dal petto, poiché i muscoli di spinta non risultano attivi.

Ricordiamo che una panca efficiente prevede una discesa con un caricamento in cui il gran dorsale viene ingaggiato per far sì che i muscoli di spinta, a cui fa capo il pettorale, siano allungati fino alla fase di fermo al petto e da lì di conseguenza si contraggano per trasmettere un’accelerazione al bilanciere.

 

Come risolvere il problema?

 

La risposta è molto semplice: con una della più basilari varianti che si possano utilizzare, ovvero le isocinetiche. Rallentare infatti discesa e salita fa percepire al soggetto l’utilizzo del dorsale nell’accezione più muscolare possibile sia in eccentrica che al fermo. Inoltre, in uscita dal petto, se l’ingaggio dorsale è stato ben eseguito, ci sarà la possibilità di gestire la velocità di risalita accelerando gradualmente il bilanciere.

 

 

Perché la scelta del Big Horn?

 

L’esigenza era tenere la forbice delle percentuali, nella giornata più stressante sotto questo specifico punto di vista, il più stretta possibile e vicino a quei chili che mandavano in crash l’alzata. In questo caso tutti i soggetti tendevano ad avere un breakdown attorno al 90%, carichi altre i quali il poco ROM non bastava più come compenso per eseguire l’alzata.

Vediamo ora il programma in modo da rendere più chiaro quanto detto fin ora:

  BIG HORN Panca da gara
SETTIMANA 1 4x6s 72,5% 75% 4x8s
SETTIMANA 2 1@8 discesa e salita 3” + 65% 4x4s discesa e salita 3” + 1@8 4x4s 75% + 4×80%
SETTIMANA 3 3x7s 77,5% 4x6s 80%
SETTIMANA 4 1@8 discesa e salita 3” + 70% 3x5s discesa e salita 3” + 1@8 3x5s 80% + 3×85%
SETTIMANA 5 3x6s 82,5% 3x6s 85%
SETTIMANA 6 1@9 discesa e salita 3” + 75% 3x4s discesa e salita 3” + 1@9 3x4s 85% + 2×90%
SETTIMANA 7 2x7s 87,5% 2x5s 90%
SETTIMANA 8 1@9 discesa e salita 3” + 80% 2x5s discesa e salita 3” + 1@9 2x4s 90% + 2x 95%
SETTIMANA 9 2x6s 92,5% 2x4s 95%
SETTIMANA 10 1@9 discesa e salita 3” + 85% 2x4s discesa e salita 3” + 1@9 4x2s 85% + 3×90%
SETTIMANA 11 1x7s 97,5% 3×3 90%
SETTIMANA 12 1@9 (scelta dell’entrata di gara) + 1x4s stesso peso 1x5s 90% + 1×95%

 

  • PANCA 1 e PANCA 4 (STRESSANTE) = progressioni principali

Il blocco di quattro settimane della PANCA 1 è composto da due progressioni fisse crescenti di percentuali e con volume praticamente identico ma ripetizioni calanti, e dalle due sedute di Big Horn. Quest’ultime sono le sedute più interessanti: presentano delle singole con isocinetica, un back off con il 7,5 % in meno della settimana precedente ma ridotto di due serie sempre in variante isocinetica, e infine un ulteriore singola senza variante. Interessante è sapere che nelle indicazioni di questo programma vi era l’obbligo di rifare nella singola finale lo stesso ramping di quella iniziale.

Tutti i soggetti infatti dalla 4 settimana in poi sono arrivati a fare singole dal 92,5 % in su, fino anche a superare il vecchio massimale. Il potere spingere con solidità carichi sopra al 90% è ovviamente fondamentale per la buona riuscita di un ciclo di allenamento e denota un progresso notevole.

 

  • PANCA 2 (RIGENERANTE) = panca paraolimpica presa media discesa 5 secondi con ramping autoregolati da 5 a 2 ripetizioni e un successivo back off da 6 a 4 serie.

La scelta di questo connubio di varianti è sempre in funzione del ROM ridotto di queste alzate. Si va dunque ad eliminare il leg drive e si aumenta la strada da percorrere stringendo la presa in modo tale da complicare l’alzata esattamente sotto il punto che di solito la rende favorevole a questi soggetti. Non di meno la discesa molto lenta farà percepire la strada come ancora più lunga e faticata costringendo all’utilizzo del dorso per tutta la fase eccentrica.

 

  • PANCA 3 (STIMOLANTE) = panca fermo 3 secondi al petto con schema lineare crescente o per volume o per intensità. In aggiunta una singola ogni 3 settimane sempre fermo 3 secondi.

Vi chiederete ma perché un fermo lungo se abbiamo appena detto che l’errore principale di questi soggetti era la discesa? Semplice! Se non carico la discesa mi ritrovo al petto in un punto difficoltoso da cui uscire e la reazione istintiva è scappare il prima possibile. Dovendoci stare tre secondi anche in questo caso sono costretto a faticare l’eccentrica in modo da poter sopportare un fermo lungo senza troppe paure.

 

  • PANCA 5 (solo se si eseguono 5 sessioni) (RIGENERANTE) = panca stretta a volume dal 50% al 75%.

Anche in questo caso è lampante la scelta della variante: stringere la presa ed eliminare il vantaggio del poco ROM cambiando gli angoli in gioco.

 

Come si nota subito è un programma ciclico con blocchi di 4 settimane. Questo lo rende molto maneggevole per eventuali modifiche semplicemente ripetendo il blocco e/o modificandone le percentuali.

In questo caso specifico le prove di entrata della settimana 12 fanno intuire che a settimana 13 ci sarà una competizione o comunque un TEST.

 

 

Ma perché si è rivelato così efficace?

 

Correggendo la fase eccentrica, rallentandone il tempo, il caricamento dorsale risulta più efficiente e di conseguenza anche la spinta. Dovendo, inoltre, eseguire in variante lenta anche la salita l’uscita dal petto verrà percepita come solida e composta.

Poter maneggiare questi carichi e sentirli “fluidi” in spinta per quanto faticata la discesa, inibisce il soggetto dalla paura dei chili e permette di mantenere un set up efficiente durante tutta l’alzata. Questo inoltre permette poi di ripetere la performance del primo ramping nella successiva panca classica e dopo un lavoro correttivo comunque non indifferente a livello muscolare. A fine sessione vi siete portati a casa due singole pesanti eseguite da manuale e un buon lavoro di carattere tecnico.

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Crossfit: bilanciere alto o basso?

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Di Simone Carniel.
Docente Accademia Italiana Forza.
Recordman Italiano Powerlifting
Lavora presso Reebok Officine Crossfit occupandosi primariamente dell’ambito Forza.

 

Crossfitter BUONGIORNO!

 

Lavoro da anni come Trainer a Milano in uno dei più importanti centri Crossfit d’Italia. Per questo vorrei parlare a loro, ma non solo.

 

Per quanto tempo sentiremo ancora parlare di battaglie tra high bar e low bar nell’allenamento della sessione di back squat?

 

Andiamo ad analizzare un caso studio particolare, partendo dai video di Stefano, Fittest in Italy da 9 anni consecutivamente. Nella sessione era richiesto di eseguire triple pesanti con lo stesso peso: alcune sono state svolte tenendo il bilanciere alto appoggiato sopra il trapezio, le altre col bilancere basso, stile powerlifter per intenderci.

High bar

 

 

Low bar

 

Se ci fermassimo a guardare soltanto la prima ripetizione dei tre video, la partita sarebbe chiusa qui: HIGH BAR TUTTA LA VITA. Ma il discorso non è così semplice. Sì, è vero, la più bella tra le prime ripetizioni è quella a bilanciere alto perché Stefano è più rilassato, scarica bene il peso a terra, la traiettoria del bilanciere è molto simile tra discesa e salita.

 

Poi, cosa succede nella seconda e nella terza ripetizione?

 

In high bar, il disastro totale: la linea della prima ripetizione non è ripetibile neanche con il binocolo, il divario tra discesa e salita diventa veramente grande (il cosiddetto “occhio” formato dalla traiettoria del bilanciere) e, quindi, l’alzata perde sinergia e diventa inefficiente a livello di stimolo allenante.

 

E nel low bar, tipicamente un’alzata con una complicazione in più?

 

Se ora, invece, andiamo ad analizzare le due serie in low bar, la differenza iniziale che balza subito all’occhio è la rigidità con cui mantiene il bilanciere sulla schiena già prima di partire. La fase eccentrica diventa quindi più rigida e più frenata rispetto all’high bar, ma la differenza tra le tre ripetizioni all’interno dello stesso set è molto più ridotta rispetto a quando aveva il bilanciere alto.

Ovviamente Stefano, per la sua matrice da crossfitter, è sempre stato abituato a lavorare in high bar, quindi sa cosa fare quando ha il bilanciere comodo sulle spalle. Per contro però, l’inefficienza sulla media/lunga distanza non gli da capacità di accelerare il bilanciere come invece il low bar gli consente di fare. Anche se il movimento è ancora molto grezzo e rigido, (quello che lo fa partire all’inizio un po’ posteriorizzato e finire in buca anteriorizzato, errore estremamente comune) il bilanciere in low bar da a Stefano un gesto tecnico più allenabile e una proiezione nel tempo, una volta “rilassato” nei punti giusti, di generare una linea più coerente e di conseguenza più efficace.

 

 

Ho preso l’esempio di Stefano, non tanto perché nel Crossfit è il più forte da molto tempo, quanto perché a livello strutturale rappresenta il 99% di chi si allena in un box: non a livello muscolare, chiaramente, ma il rapporto tra le sue leve è molto comune.

Se fosse stato un pesista cinese, la mia analisi sarebbe stata totalmente inutile e completamente diversa.

 

CONCLUSIONI GENERALI

 

Avendo avuto la possibilità di vedere una quantità infinita di squat in questi anni, e essendo responsabile della parte STRENGHT di BHT, posso osservare e confrontare tra loro tante tipologie di atleti diversi:

la necessità di renderli più efficaci sotto carico si scontrava con la voglia di verticalità “imposta” dal Weightlifting, che li teneva rigidi e poco efficaci quando poi il carico si alzava.

Abbassando il bilanciere, su chi più e su chi meno, una volta assimilati gli input corretti e il relax nei punti giusti, possiamo inevitabilmente vedere un miglioramento non solo nel massimale di back squat, ma anche nell’essere più efficienti in qualsiasi esercizio con schemi motori similari.

Quindi, ancora una volta, possiamo ribadire un concetto già sentito ma troppo spesso ignorato:

Il transfer di un gesto su altri schemi motori, dipende molto anche dall’efficienza neuromuscolare stessa del gesto di partenza, più che da un tentativo di imitazione, spesso disfuzionale, del gesto target che si vuole migliorare.

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IL MEGACICLO – PROGRAMMAZIONE SUL LUNGHISSIMO PERIODO

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Di Giuseppe Gargiulo.
Tecnico Accademia Italiana Forza dal 2018.
Studente di ingegneria Aerospaziale.
Allenatore presso Barbarian’s Parma e Sorrento.

 

Come già ampiamente detto in questa e in altre sedi, la periodizzazione dell’allenamento della forza (e non), viene, per convenzione e per ordine mentale, suddivisa in varie categorie, dalla meno ampia alla più ampia:

 

    1. Microciclo (cioè la settimana)
    2. Mesociclo (da 3 a 6/8 settimane)
    3. Macrociclo (da un test all’altro, quindi da 10 a 16 settimane, grossomodo)

 

A dimostrare l’efficacia di un approccio basato su questi concetti, ci sono sicuramente decenni di risultati sia nel powerlifting, sia nella pesistica, dato che in moltissimi metodi, che possono essere pure molto diversi tra loro, la logica di consequenzialità degli stimoli su un lasso di tempo che va da una gara all’altra, è abbastanza simile.

 

RIPETERE UNA PROGRAMMAZIONE VINCENTE ALL’INFINITO?

 

Quello che, però, noi ci eravamo chiesti, è se, effettivamente, una volta chiuso un macrociclo, il “cerchio” degli stimoli per il corpo si sia completamente chiuso e si possa ricominciare il giro con la stessa logica del macrociclo precedente, dove per logica si intende un approccio di massima, ovviamente cambieranno dei parametri a seconda dei casi specifici.

Per avvicinarci al nocciolo della questione, se in 12 settimane l’atleta X, facendo complessivamente 600 ripetizioni allenanti di squat, 800 di panca e 400 di stacco (numeri completamente a caso) a una data intensità media per alzata, e con una certa progressione, è migliorato molto, è arrivato in formissima al test, non ha avuto allenamenti critici, ha aumentato la propria massa muscolare etc etc… a questo punto, nel prossimo macrociclo ha senso tenere lo stesso approccio?

 

 

OSSERVAZIONI:

 

Partiamo da un punto fondamentale, cioè che esistono sicuramente persone che reggono meglio un tipo di stressor piuttosto che un altro, quindi MEDIAMENTE abbiamo sempre un certo riferimento (non faremo mai allenare un uomo di 120kg con lo stesso programma di una ragazza di 50kg), però abbiamo osservato EMPIRICAMENTE due cose:

    1. Quando un atleta cambia allenatore (a meno che uno non sia nettamente più bravo dell’altro), di solito, nel breve termine, migliora;
    2. Ogni allenatore, per quanto possa essere capace, avrà inevitabilmente il proprio metodo e le proprie convinzioni che difficilmente ribalterà nel breve termine;
    3. Quando abbiamo forzatamente provato ad usare sui nostri atleti un approccio diverso al macrociclo precedente, abbiamo visto quasi sempre un miglioramento.

 

POSSIBILE APPROCCIO PRATICO

 

L’idea che ci siamo fatti è che l’alternanza di fasi più voluminose a fasi più intense per portarci al picco di forma, non valga solo nel medio termine del macrociclo, ma possa valere, quasi allo stesso modo, anche su lassi di tempo molto più lunghi.

 

PRIMO MACROCICLO – VOLUME

 

In pratica facciamo un primo macrociclo, sempre costituito da estensiva, intensiva e taper, che però avrà mediamente un volume alto e dei carichi bassi, soprattutto nelle prime fasi, per poi avere una fase di picco in cui toccheremo carichi alti, che però sarà piuttosto breve. In pratica ricerchiamo la prestazione cercando di costruire solida massa muscolare, automatismi efficaci e grande condizione fisica, per poi “adattarci” ai carichi alti in vista del test. In pratica sarà una fase estensiva “su larga scala”.

 

SECONDO MACROCICLO – INTENSITA’

 

Il secondo macrociclo, invece, sarà basato su carichi mediamente alti, spesso toccati fin dall’inizio, magari in una seduta autoregolata come quella del Big Horn, che in questo caso calza a pennello, o addirittura utilizzando un metodo di impronta bulgara. Quindi il volume sarà mediamente basso e i carichi più alti. In pratica si ricercherà meno la “costruzione” e più l’“attivazione”. Questo secondo macrociclo sarà meno ipertrofico sulla carta, e più orientato al miglioramento della coordinazione a carichi alti e della frequenza di scarica. Sulla carta. Spesso, però, il beneficio della ventata di freschezza data a un corpo un po’ congestionato dal volume, è tale da far migliorare anche la composizione corporea.

Idealmente, questo macrociclo dovrebbe culminare con la gara più importante dell’anno e può essere visto come una grande fase intensiva + taper.

 

 

TERZO MACROCICLO – OFFSEASON

 

Il terzo macrociclo, visto in scala ridotta, può essere assimilato a una fase pre-estensiva, e lo chiameremo ciclo di “off-season”, dove i carichi saranno bassi (ma in alcuni casi si possono raggiungere alte % soprattutto se si usa autoregolazione), spesso anche la frequenza (non avrebbe certamente senso inserire 5 panche settimanali con mille paranoie su come bilanciare gli stimoli) e si potrà dare più spazio a complementari, esercizi funzionali, ripetizioni molto alte e variante o metodi “strani”.

In pratica, si utilizzeranno altri piani di lavoro e altri sistemi energetici, dando al corpo da un lato una ripresa dal sovraccarico continuo sempre delle stesse strutture, e da un altro si potrà lavorare sui gap muscolari e coordinativi.

Si può avere, quindi, anche una certa libertà di sperimentazione che può dare dati utili all’allenatore e un po’ di sollievo psicologico a un atleta magari stanco di una certa monotonia. È capitato, alle volte, di battere alcuni record personali proprio in questa fase, in tal caso l’allenatore ha probabilmente beccato una progressione o una variante giusta, che potrà quindi riproporre in periodi competitivi.

Abbiamo battezzato come MEGACICLO l’insieme di più macrocicli. Un megaciclo può durare quasi un anno.

 

 

Qualche considerazione sparsa:

 

  1. Fin quando un atleta non è sufficientemente maturo fisicamente e avanzato tecnicamente, la priorità va data ad approcci basati sul primo macrociclo, quello “estensivo”, che magari può essere ripetuto anche più volte. Per una persona totalmente deallenata, invece, sarebbe meglio un lavoro più generico come quello del terzo macrociclo, che andrà via via sfumando verso il primo, per poi piazzarci un primo test dei massimali non appena le alzate siano quantomeno ripetibili. A quel punto si parte con solidità dal primo macrociclo, e non la si sbaglia.
  2. Il macrociclo estensivo, tendenzialmente, si presta a una durata maggiore, dato che lascia spazio a una progressione di carichi più ampia (partiamo da carichi bassi, ma non dimentichiamo che alla fine del macrociclo dobbiamo comunque avere un peaking e un test).
  3. Il macrociclo di offseason è utile soprattutto ad atleti che vengono da schemi molto ripetitivi e poco variegati, inoltre non è sempre temporalmente compatibile con gli impegni agonistici.

 

Le possibili variazioni su questa logica, che per ora rimane ancora una bozza, sono varie.

Come detto, questa idea è una bozza di cui abbiamo iniziato a discutere solo pochi mesi fa, adesso stiamo iniziando a sperimentare queste logiche in maniera più sistematica e scientifica, per avere le idee più chiare sulla soggettività della questione e sulla lunghezza dei vari macrocicli o sulla loro eventuale ripetizione. Purtroppo la pandemia ha cambiato molto le carte in tavola, ma cercheremo col tempo di farci un’idea sempre più “scientifica” di questo approccio.

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Preparazione Atletica: Panca Piana. Ne vale davvero la pena?

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di Stefano Tintori.
Elite Strength Trainer AIF
Diplomato Corso Alta Formazione 2018
Coach Bergamo Powerlifting.

 

La panca piana è uno dei più celebri esercizi praticabili con un bilanciere, difficile trovare qualcuno che non sappia cosa sia: dallo sportivo più allenato che la fa 4 o 5 volte alla settimana alla casalinga sedentaria che ha visto 6 repliche dell’episodio di Beautiful dove litigano e si minacciano in palestra. Insomma chiunque la conosce o ha vagamente idea di cosa si tratti.

Questa notorietà l’ha però resa talmente mainstream che per decenni è stata ciclicamente proposta, abbandonata, rivisitata ed in generale abusata in tutte le salse e discipline possibili.

 

PER QUALE MOTIVO VIENE, A VOLTE, ACCANTONATA?

 

Inizialmente osannata come fondamentale irrinunciabile per forza e muscolazione dell’upperbody, e successivamente screditata ed accantonata perché caratterizzata da un ROM incompleto. Nel bodybuilding e nella preparazione atletica viene infatti spesso sostituita dalle distensioni con i manubri al fine di ottenere un maggior prestiramento muscolare in fase eccentrica e di conseguenza una maggiore contrazione in fase concentrica. Vista così una scelta più che comprensibile, che però nel concreto risulta spesso essere un comodo ripiego, soprattutto nel momento in cui a questa valida argomentazione si aggiunge che “la panca piana con il bilanciere può creare problemi alle spalle”.

Falso, poiché se fare panca con il bilanciere alla lunga vi da noia alle spalle è molto probabile che stiate sbagliando qualcosa, ed è altrettanto probabile che il lavoro più completo del pettorale che ricercate attraverso l’uso dei manubri sia addirittura poco rispetto al suo vero potenziale.

“Nella preparazione atletica NESSUNO sa fare la panca piana.”

Un’affermazione di cui mi assumo pienamente la responsabilità sperando vivamente che qualcuno del settore mi possa smentire mostrandomi finalmente un’alzata efficace ed efficiente in un contesto di Strength & Conditioning. Un’alzata senza compensi che ottimizzi al massimo il reclutamento muscolare, che non vuol dire semplicemente fare più strada e di conseguenza più fatica come se avessi in mano due manubri ma significa generare e padroneggiare un controllo motorio che mi permetta di ingaggiare veramente il pettorale in maniera funzionale.

Non è così scontato.

 

 

Basta vedere come persino nel mondo del Powerlifting c’è ancora qualcuno (anche ai livelli più alti) che dimostra di non avere ancora le idee molto chiare. Certo mi direte voi “ma se non la sa fare allora come fa a fare tutti quei kg?” e io vi risponderei “se imparasse a farla ne farebbe molti ma molti di più” ma questa è un’altra storia che esula da ciò di cui vorrei parlarvi oggi.

 

 

Perchè con il bilanciere?

 

Tornando a noi, è proprio vero che i manubri permettono un maggior prestiramento del muscolo, correggono eventuali asimmetrie e risultano meno vincolanti dal punto di vista articolare, ma la panca piana con il bilanciere – quella fatta come si deve (con le scapole depresse, il peso scaricato nello schienale e un fermo granitico in tensione massima al petto) – risulta avere due caratteristiche FONDAMENTALI per chi allena e programma gli allenamenti con criterio:

    • la ripetibilità

    • e la modulabilità.

Due aspetti indispensabili per poter eseguire con successo anche solo la più semplice progressione lineare inducendo il sistema neuromuscolare ad un adattamento con conseguente miglioramento.

Saper fare panca infatti non significa avere 180kg di massimale, ma saper riprodurre un movimento efficace per un’infinità di volte mantenendolo invariato al variare del carico, una capacità condizionale ma soprattutto coordinativa. In questo modo si impara a reclutare i muscoli giusti con il corretto timing d’attivazione e il miglior coinvolgimento muscolare possibile, ottenendo così alla fine del programma un miglioramento vero e non un compenso fine a se stesso.

D’altra parte, con i manubri risulta essere estremamente più improbabile modulare un percorso d’allenamento simile mantenendo un gesto coerente e replicabile al variare del carico; tra una serie da 10 ripetizioni con 20kg per braccio e una da 4 con 50kg inevitabilmente il setup ne risentirà, l’impossibilità di avere un riferimento di fine allungamento andrà a variare la tensione muscolare generata ad ogni rep e via via una serie di conseguenze che renderanno la seduta sicuramente allenante di per sé, ma poco controllabile e quindi insufficientemente prevedibile in una programmazione.

Attenzione: non sto dicendo che i manubri siano da dimenticare, anzi, io stesso li utilizzo quotidianamente insieme a dips, croci e piegamenti con tutti i ragazzi e le ragazze che alleno sia nel Powerlifting che nella preparazione atletica per altre discipline, ma vengono appunto chiamati complementari poiché affiancati ad una panca correttamente impostata e ad una progressione ben definita contribuiscono al raggiungimento di una condizione atletica ricercata e meno casuale, una manna dal cielo soprattutto in un mondo come la preparazione atletica in cui le variabili sono davvero tante.

 

 

Qui sotto vi propongo un esempio di progressione in panca che ho utilizzato in passato su dei rugbisti durante 12 settimane di in-season:

  Giorno 1 (rigenerante) Giorno 2 (stressante) Giorno 3 (stimolante)
Week 1 Panca para

70% 3x6s

Panca F3 al petto

75%x2x5s

80% x1 85% x1

Panca stretta

65% 6x4s

Week 2 Panca para

75% 2x6s

Panca F3 al petto

75% 2x4s

80% x2 85% 1x2s

Panca stretta

70% 5x5s

Week 3 Panca para

70% 3x6s

Panca F3 al petto

75% 2x3s

80% x3 85% 1x3s

Panca stretta

75% 4x6s

Week 4 Panca para

65% 3x6s

Panca F3 al petto

75% 2x2s

80% x2 85% 1x4s

Panca stretta

80% 3x7s

Week 5 Panca D3S3

70% 3x6s

Panca F3 al petto

80% 2x5s

85% x1 90% x1

Panca Board

trova 5@8

Week 6 Panca D3S3

75% 2x6s

Panca F3 al petto

80% 2x4s

85% x2 poi 1@8

Panca Board

trova 4@8

Week 7 Panca D3S3

70% 3x6s

Panca F3 al petto

80% 2x3s

85% x3 90% x2

Panca Board

trova 3@8

Week 8 Panca D3S3

65% 3x6s

Panca F3 al petto

75% 2x2s

80% x2 poi 1@9

Panca Board

trova 2@8

Week 9 Panca 3 fermi

70% 3x6s

Panca F3 al petto

trova 5@8

Panca Board

trova 1@8

Week 10 Panca 3 fermi

75% 2x6s

Panca F3 al petto

trova 3@8

Panca Board

trova 2@8

Week 11 Panca 3 fermi

70% 3x6s

Panca F3 al petto

trova 1@8

Panca Board

trova 3@8

Week 12 Panca 3 fermi

65% 3x6s

Panca F3 al petto

trova 1@9

Panca Board

trova 4@8

 

Ad ogni seduta è stato integrato un lavoro di tirata orizzontale/verticale in super set con uno di spinta orizzontale/verticale caratterizzati entrambi da ripetizioni medio/alte.

 

Ne vale davvero la pena quindi?

 

Imparare a farla sicuramente sì. La scelta del quanto e come inserirla nei vostri allenamenti sta a voi, ma che sia appunto una scelta e non un ripiego. Personalmente la utilizzo tantissimo ritenendola uno strumento vantaggioso, dall’eccellente stimolo coordinativo e dai devastanti risultati in termini di forza. Richiede indubbiamente uno sforzo in più in fase di apprendimento ma è sempre meglio che accontentarsi e allenarsi a caso come nelle repliche di Beautiful.

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La ricerca della massima qualità nell’allenamento con i sovraccarichi: il “SALTO QUANTICO” nel NATURAL Bodybuilding moderno

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CASO STUDIO: Lucrezia Sonzini

1° Classificata Mondiali WNBF Los Angeles 2018 (Cat. Figure)

Assoluto Pro Figure WNBF Los Angeles 2018

 

L’obiettivo è stato quello di sfruttare al massimo questo periodo di OFF SEASON per far esplodere tutto il potenziale di Lucrezia (atleta già di spicco nel panorama del Natural Bodybuilding, con un palmares notevole, nonostante la giovane età di 25 anni.)

Buona lettura!

 

Articolo di Bruno Murra

Coach Barbarians Powerlifting Parma

Tecnico Accademia Italiana Forza

Preparatore atletico Rugby Colorno

Vincitore Coppa Italia junior equipped (-93kg) e Assoluto Juniores equipped

Laureando in Nutrizione.

 

 

IL SAPERSI ALLENARE

 

Con l’arrivo del METODO DISTRIBUITO, nel mondo dell’allenamento con i pesi si è fatto un salto in lungo epocale; è indiscutibilmente la logica secondo la quale si allenano tutti gli atleti al mondo, in tutte le discipline; è il vero, unico e realistico approccio all’allenamento con i sovraccarichi, soprattutto nell’atleta NATURAL.

MA PER IL NATURAL BB (e non solo…) NON BASTA SOLO QUESTO. Il “SAPERSI ALLENARE” è la chiave.

Ma cosa implica questo?

 

Applicare la tecnica nel concreto.

 

L’esecuzione nelle alzate viene spesso presa sotto gamba, ma è la variabile che massimizzerà i tuoi progressi. Dunque non limitarsi a muovere solamente i carichi, ma affinare ed allenare lo schema motorio.

Sento spesso ripetere quasi fino alla noia questo pensiero, ma poi…

 

VIENE MESSO IN PRATICA DAVVERO?

 

Vediamo qui cosa significa avere una replicabilità del gesto efficiente.

 

In una serie amrap, agli albori di questa ricerca di applicazione tecnica meticolosa, 10 reps di Squat all’ 80% che Lucrezia non aveva assolutamente nelle corde all’inizio del programma (circa 10 settimane prima).

 

L’attenzione nella cura del gesto nelle settimane le ha permesso di avere un condizionamento atletico e un rendimento di attivazione neuro-muscolare nettamente superiore tale da dissipare meno energia tra le reps ed avere un effetto prestativo altissimo e con ancora del margine…

 

L’ obbiettivo è quello di lavorare nella maniera più ottimale e sinergica possibile soprattutto negli angoli complessi.

 

BYPASSARE UNA PORZIONE DI MOVIMENTO SIGNIFICA BYPASSARE UNA PORZIONE DI ATTIVAZIONE MUSCOLARE.

USARE UN’ OTTIMA TECNICA RISPETTANDO GLI ANGOLI COMPLESSI MI ASSICURERÀ UNA MASSIMA ATTIVAZIONE E QUINDI IL CORPO RICEVERÀ DEGLI STIMOLI IPERTROFICI COME MAI NE HA AVUTI PRIMA.

 

Bypassare gli angoli complessi significa voler fare meno fatica, significa trovare escamotage per fare un ROM (range of motion) minore e quindi rendere l’alzata più “semplice” o banalmente si andranno a ricercare quei punti di attivazione dove si è più forti bypassando quelli più deboli e profondi dove sicuramente avremo delle carenze muscolari;

in un caso ancora più ricco di compensi potrebbe anche significare spostare il focus da un’alzata muscolare ad un’alzata “articolare” con dei rischi non da poco per la salute del soggetto.

 

Dunque, quale “impronta” di allenamento dobbiamo ricercare?

 

Bisogna allenarsi QUASI come se si dovesse affrontare una gara di sollevamento pesi, e dico QUASI perché non c’è l’estrema necessità di ricercare spesso l’altissima prestazione in un atleta di Bodybuilding, perché nel Bodybuilding il fine ultimo è un altro: quello estetico.

 

Bisogna prendere da quell’ambito forti spunti per poter migliorare, quella toccata e fuga a certe soglie di intensità, quel modo perfezionistico di lavorare sulla linea dell’alzata per costruire efficienza nel movimento, andrà a sbloccare alcune abilità che poi l’atleta porterà con sé nel suo bagaglio.

 

La costruzione di una schema motorio efficiente e solido risulterà complesso nel breve termine ed inizialmente i carichi saranno limitati proprio per far comprendere al meglio come il corpo si debba comportare, ma nel medio lungo termine tutto questo darà soddisfazioni, poiché avrete raggiunto un modo SOSTENIBILE di allenarvi.

 

Questo permetterà all’atleta di esprimersi al meglio anche nei lavori di alta soglia, ovvero a % alte.

 

Esempio di 3 alzate (Squat, Panca, Stacco) dove la replicabilità del gesto è rimasta intatta nonostante si trattasse di carichi (in quello specifico momento della programmazione) superiori al 95%.

 

Quello che conta davvero è sviluppare la capacità di attivazione del sistema nervoso centrale, perché questo avrà come conseguenza diretta la massimizzazione dello stimolo muscolare.

 

Ricapitolando, i guadagni ottenuti grazie alla minuziosa applicazione tecnica saranno:

    • maggior forza, quindi capacità di lavoro con carichi sempre più elevati;
    • miglior stimolo neurale, quindi un maggior reclutamento delle unità motorie e un’attivazione nettamente superiore;
    • aumentata propriocezione, sviluppo di abilità motorie che ci farà lavorare virtuosamente su angoli complessi;
    • conseguente ricomposizione corporea quando associata ad un piano alimentare appropriato

 

Ciò permetterà una programmazione più gestibile e più “parametrabile”, perché la riduzione dei feedback negativi dovuti agli errori tecnici garantiranno meno sitbacks, tecnici e muscolari, che vanno quasi sempre di pari passo

 

PROGRAMMAZIONE

 

Nel Natural BB usare un approccio troppo aggressivo o troppo leggero sulla programmazione potrebbe non portare ai risultati tanto sperati. Bisogna imparare a gestire variabili quali INTENSITÀ RELATIVA e INTENSITÀ ASSOLUTA.

Lavorare con BUFFER permetterà di accumulare meno fatica al SNC (ATTENZIONE! non zero fatica, semplicemente meno) e nel medio lungo termine aiuterà il soggetto ad esprimersi con un po’ più di “freschezza” e lucidità durante i suoi allenamenti. Questo lo aiuterà a non “bruciarsi” prematuramente e migliorare sempre di più la sua skill, costruendo mattone dopo mattone quella abilità tecnica che lo porterà ad esprimersi al 100% (come capacità di attivazione neuromuscolare.)

In OFF SEASON uno degli obbiettivi primari è lo sviluppo della schema motorio.

Costruire delle alzate multiarticolari solide vi permetterà, poi, in fase di preparazione di una gara agonistica (IN SEASON) di avere maggiore focus su altri aspetti più specifici, questo perchè:

    • perché ormai tutto quel lavoro che l’atleta avrà fatto prima, di riflesso se lo ritroverà IN SEASON
    • perché ormai il fuoco sarà acceso, basterà solo continuare ad alimentarlo.

 

Entrando più nello specifico, Lucrezia nell’ultimo ciclo di allenamento (13 settimane) ha svolto una programmazione che attinge molto dall’ambito performance, perché, come vedrete dai risultati ottenuti, performance e ipertrofia sono un binomio vincente.

Nelle prime 8 settimane (fase estensiva e fase intensiva) dell’ultima programmazione ha svolto:

 

Qui vi propongo invece le ultime 4 settimane (il blocco “taper”) dell’ultima programmazione svolta da Lucrezia.

 

La fase di tapering è cruciale anche e soprattutto in una programmazione di un Natural BB poiché bisognerà andare a consolidare la maggior qualità di movimento ad alte % e il BUFFER vi aiuterà tantissimo.

Come potrete notare l’intensità media settimanale risulta parecchio elevata in questa programmazione, ma l’intensità relativa non lo è stata così tanto.

 

Badate bene, le prime 8 settimane hanno dato dei guadagni così netti tali da giustificare un approccio particolarmente audace calcolando le percentuali di allenamento su un obiettivo realistico da poter raggiungere, e mantenendo così alla fine quel lavoro di BUFFER (soprattutto in una fase di rifinitura) di cui parlavamo prima.

 

PUNTI CHIAVE:

  • Focus principale: controllo, “tenuta” e timing omogeneo del gesto motorio, soprattutto sugli angoli più complessi, di qualsiasi esercizio.
  • Complementari RPE @8-9 (Settimana 9-11) RPE @7-8 (Settimana 12)
  • Cadenza complementari (2-1-1-0)
  • Tempo di recupero per i complementari: metodica EMOM o 1’ pausa a seconda del TUT.

 

Settimana 9

 

Giorno 1 (Lunedì)

      1. Squat 85% 4 90% 3 95% 2 (x2 onde) + 85% 2 90% 1 95% 1
      2. Panca 72% 4 80% 3 84% 2 88% 2x6s
      3. Spinte manubri seduta su panca isocinetica 5” 5x5s
      4. V – push up 5x5s
      5. Push down 8x3s
      6. French press manubri isocinetico 3” 5x5s
      7. Hollow position 5’

 

Giorno 2 (Martedì)

      1. Panca 3 fermi in discesa 75% 3x8s
      2. Stacco fermo 2” sotto al ginocchio 87% EMOM 12
      3. Trazioni prone zavorrate 3x8s
      4. Pendlay row pesante 5x5s
      5. Bicipiti ai cavi 8x3s
      6. Bicipiti manubri panca inclinata isocinetico 3” 5x5s
      7. Polpacci in piedi isocinetica 3” + isometrica 2” 10x6s

Giorno 3 (Giovedì)

      1. Squat isocinetico 3” 80% 3x6s
      2. Panca isocinetica 3” mav4@9 + 100% mav 3x5s
      3. Military press mav4@9 + 90% 4x2s + 80% 5
      4. Alzate laterali 8x3s
      5. Dips su panche 8x3s
      6. Tricipiti Kickback manubri isocinetico 3” 5x5s
      7. Crunch a terra con sovraccarico al petto 15x4s

Giorno 4 (Venerdì)

      1. Stacco 89% 2x5s
      2. Panca stretta mav3 salti piccoli (ultimi da 2,5 kg)
      3. Squat fermo in buca 60% 4x4s
      4. Trazioni supine zavorrate 3x8s
      5. Rematore manubri 12 10 8 6 4
      6. Bicipiti manubri panca inclinata 8x3s
      7. Bicipiti ai cavi isocinetico 3” 5x5s
      8. Polpacci da seduta in tensione continua 30x2s

 

Settimana 10

 

Giorno 1

      1. Squat 95% 2x4s + 85% 4
      2. Panca 72% 4 80% 3 84% 2 88% 2 92% 1x4s
      3. Spinte manubri seduta su panca isocinetica 5” 5x5s
      4. V – push up 5x5s
      5. Push down 8x3s
      6. French press manubri isocinetico 3” 5x5s
      7. Hollow position 5’

Giorno 2

      1. Panca 3 fermi in discesa 80% 2x10s
      2. Stacco fermo 2” sotto il ginocchio 92% EMOM 8
      3. Trazioni prone zavorrate 3x8s
      4. Pendlay row pesante 5x5s
      5. Bicipiti ai cavi 8x3s
      6. Bicipiti manubri panca inclinata isocinetico 3” 5x5s
      7. Polpacci in piedi isocinetica 3” + isometrica 2” 10x6s

Giorno 3

      1. Squat isocinetico 3″ 80% 4x5s
      2. Panca isocinetica 3” mav3 + 90% mav 3x5s
      3. Military press mav3@9+ 90% mav 4x4s
      4. Alzate laterali 8x3s
      5. Dips su panche 8x3s
      6. Tricipiti Kickback manubri isocinetico 3” 5x5s
      7. Crunch a terra con sovraccarico al petto 15x4s

Giorno 4

      1. Stacco 96% 1x6s
      2. Panca stretta mav3 salti piccoli (ultimi da 2,5 kg)
      3. Squat fermo in buca 62% 4x4s
      4. Trazioni supine zavorrate 3x8s
      5. Rematore manubri 12 10 8 6 4
      6. Bicipiti manubri panca inclinata 8x3s
      7. Bicipiti ai cavi isocinetico 3” 5x5s
      8. Polpacci da seduta in tensione continua 30x2s

Settimana 11

 

Giorno 1

      1. Squat 85% 3x6s
      2. Panca 72% 4 80% 3 84% 2 88% 2 92% 2x2s
      3. Spinte manubri seduta su panca isocinetica 5” 5x5s
      4. V – push up 5x5s
      5. Push down 8x3s
      6. French press manubri isocinetico 3” 5x5s
      7. Hollow position 5’

Giorno 2

      1. Panca 3 fermi discesa 80% 3x6s
      2. Stacco fermo in incastro 4” mav1 facile
      3. Trazioni prone zavorrate 3x8s
      4. Pendlay row pesante 5x5s
      5. Bicipiti ai cavi 8x3s
      6. Bicipiti manubri panca inclinata isocinetico 3” 5x5s
      7. Polpacci in piedi isocinetica 3” + isometrica 2” 10x6s

Giorno 3

      1. Squat isocinetico 3″ 85% 2x8s
      2. Panca isocinetica 3” mav2 + 90% mav 2x6s
      3. Military press mav2@9 + 90% mav 3x5s
      4. Alzate laterali 8x3s
      5. Dips su panche 8x3s
      6. Tricipiti Kickback manubri isocinetico 3” 5x5s
      7. Crunch a terra con sovraccarico al petto 15x4s

Giorno 4

      1. Stacco 87% 2x4s
      2. Panca stretta mav3 salti piccoli (ultimi da 2,5 kg)
      3. Squat fermo in buca 65% 4x4s
      4. Trazioni supine zavorrate 3x8s
      5. Rematore manubri 12 10 8 6 4
      6. Bicipiti manubri panca inclinata 8x3s
      7. Bicipiti ai cavi isocinetico 3” 5x5s
      8. Polpacci da seduta in tensione continua 30x2s

Settimana 12

 

Giorno 1

      1. Squat 80% 3x5s
      2. Panca fermo 3″ 89% 8 singole
      3. Spinte manubri seduta su panca isocinetica 5” 5x5s
      4. V – push up 5x5s
      5. Push down 8x3s
      6. French press manubri isocinetico 3” 5x5s
      7. Hollow position 5’

Giorno 2

      1. Panca 3 fermi in discesa 84/88% 10 singole
      2. Stacco salita lenta 5” mav1 facilissimo
      3. Trazioni prone zavorrate 3x8s
      4. Pendlay row pesante 5x5s
      5. Bicipiti ai cavi 8x3s
      6. Bicipiti manubri panca inclinata isocinetico 3” 5x5s
      7. Polpacci in piedi isocinetica 3” + isometrica 2” 10x6s

Giorno 3

      1. Squat isocinetico 3″ 90% 8 singole
      2. Panca isocinetica mav1 + 85% mav 2x6s
      3. Military press mav1@9 + 85% mav 2x6s
      4. Alzate laterali 8x3s
      5. Dips su panche 8x3s
      6. Tricipiti Kickback manubri isocinetico 3” 5x5s
      7. Crunch a terra con sovraccarico al petto 15x4s

Giorno 4

      1. Stacco 82,5% 2x4s
      2. Panca stretta mav3 salti piccoli (ultimi da 2,5 kg)
      3. Squat fermo in buca 67% 4x4s
      4. Trazioni supine zavorrate 3x8s
      5. Rematore manubri 12 10 8 6 4
      6. Bicipiti manubri panca inclinata 8x3s
      7. Bicipiti ai cavi isocinetico 3” 5x5s
      8. Polpacci da seduta in tensione continua 30x2s

Settimana 13

Giorno1

      1. Stacco 80% 1x4s
      2. Panca 75% 4x4s

Giorno 2

      1. Squat 75% 3x3s
      2. Panca 80% 2x5s

TEST 1 RM (SQUAT, PANCA, STACCO)

 

RISULTATI

 

L’ accuratezza e la costanza con cui Lucrezia si è allenata le hanno permesso di raffinare tantissimo le sue abilità, di aver avuto un incremento di circa 80kg sul totale delle 3 alzate (Squat, Panca, Stacco) negli ultimi 9 mesi; che per una donna, che ha mantenuto in maniera molto costante il suo peso nel tempo, che non si allena principalmente per la performance, sono veramente tanti! In più, una ricomposizione corporea notevole e un incremento di volumi muscolari esorbitante.

La ricerca della massima qualità nell’allenamento con i sovraccarichi è quindi “IL FATTORE” che ti porterà al livello successivo… il tuo potenziale letteralmente esploderà!

 

FEBBRAIO 2020                                                       DICEMBRE 2020

BW: 60 kg                                                                  BW: 62 kg

KCAL: 1900                                                               KCAL: 2200

 

FEBBRAIO 2020                                                         DICEMBRE 2020

BW: 60 kg                                                                    BW: 62 kg

KCAL: 1900                                                                 KCAL: 2200

 

caso studio svolto in collaborazione con il team di Lucrezia: Natural Peaking (di Annalisa Ghirotti) che in questo specifico periodo ha curato l’aspetto nutrizionale e cura le preparazioni agonistiche dell’atleta.

 

 

APPLICATEVI DAVVERO !!!

Ne varrà la pena!

 

Buon allenamento a tutti!

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Lo sticking point – cause e soluzioni

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Di Nicola Marini

Docente Master Accademia Italiana Forza
Osteopata
Coach e responsabile della StrengthLab Padova

 

Inizierei cercando di rispondere a questa domanda:

 

“Cos’è uno sticking point e perchè è utile parlarne?”

 

Come tutti gli atleti agonisti della FIPL sanno bene, il regolamento di gara prevede un’unica regola comune ad ogni alzata (al di là del rispetto dei comandi di gara che comunque cambiano in tutte e 3 le powerlifts), e riguarda il fatto che una volta iniziata la fase di salita del bilanciere (concentrica), questo non possa mai ridiscendere per poi tornare a riprendere il suo moto di salita, pena l’annullamento della prova; è comunque concesso che il bilanciere rallenti, addirittura fino a fermarsi a mezz’aria.

Ecco: nel caso in cui ciò si dovesse verificare, ci troveremmo di fronte ad uno sticking point.

“Punto appiccicoso”, tradotto letteralmente, mai nome fu più azzeccato di questo per l’immagine mentale che è in grado di restituire: in effetti sembra proprio che l’atleta sia improvvisamente frenato da qualcosa di esterno ed impalpabile che riesce a farlo bruscamente rallentare, capita di vedere alzate molto veloci fino a metà ROM scontrarsi improvvisamente contro il muro invisibile di uno sticking point. Detta così sembrerebbe però quasi che lo sticking point sia qualcosa con cui tutti obbligatoriamente dovremmo fare i conti, come se facesse parte di un’alzata in modo aprioristico… insomma qualcosa che va gestito più che risolto, ma è davvero così?

 

 

CONSIDERAZIONI BASATE SULL’AGONISMO

 

Beh, come vi ho precedentemente descritto, l’esistenza di questa decelerazione improvvisa è contemplata nel regolamento di gara, che anche solo per questo motivo ne riconosce indirettamente quindi l’esistenza e l’ampia diffusione, quel che però a questo punto possiamo verificare, dopo che il powerlifting in Italia ha visto crescere rapidamente le liste di atleti iscritti in gara (e ci auguriamo continui così), e dopo che il livello, specialmente tecnico, dei nostri ragazzi si è alzato in modo così evidente, è che non sempre si vedono terze chiamate di gara in cui l’atleta si trovi ad affrontare uno sticking point, ci capita di vedere frequentemente alzate molto veloci anche a carichi massimali:

“perchè avevano ancora margine”

potrebbe obbiettare qualcuno, beh in realtà non sempre.

Nell’ampia casistica di atleti che abbiamo possibilità di mettere sotto la lente d’ingrandimento, possiamo osservare ragazzi che concludono brillantemente una seconda prova per poi fallire in terza pur rialzando di poco peso, o ancora atleti che riescono a chiudere alzate molto sofferte per un lungo tratto di movimento, più che di sticking point a questo punto dovremmo parlare di “sticking zone”, addirittura nel corso del percorso di lavoro di un atleta non è detto che uno sticking point in un’alzata si sposti o scompaia del tutto.

 

POSSIBILI CAUSE

 

Nonostante identificare la causa di uno sticking point in un singolo individuo sia relativamente semplice per un allenatore che abbia un bagaglio esperienziale sufficientemente ampio, ragionare del perchè lo sticking point esista in generale è decisamente più ambizioso, io ho identificato le seguenti cause:

 

1) Controllo motorio:

Parto da quello che sono convinto sia il parametro più importante per lavorare su uno sticking point, in 9 atleti su 10 potremo riconoscere effettivamente qualcosa che non funziona come dovrebbe in termini di controllo motorio, PRIMA del verificarsi di uno sticking point.

Un caso tanto semplice quanto eclatante è quello di un atleta che cerchi di rimbalzare in buca nello squat perdendo stabilità e compattezza in zona addominale per andare ad appoggiarsi sulle tibie e sulle ginocchia nel tentativo di sfruttare l’inerzia offerta dal rimbalzo per uscire vigorosamente dal basso. I problemi di questa dinamica sono come minimo due: il primo è che schiacciandomi in avanti in buca non vado a mettere in tensione il femorale, i glutei e la catena posteriore, di conseguenza, poi, in spinta non avrò niente che mi aiuti a tenere il bilanciere su dei binari favorevoli a ricevere la spinta delle cosce; in secondo luogo, appoggiarmi sulle ginocchia comprometterà il mio baricentro sul piede che però poi in spinta dovrà in qualche modo essere recuperato, pena fallire o peggio farsi male, dato che non posso spingere dalle dita dei piedi, e nel riportare il bacino indietro, il corpo si sbilancerà sui talloni creando un’importante sproporzione articolare tra i gradi di flesso-estensione di caviglia, ginocchio e anca, compromettendo un’attivazione muscolare sinergica e ottimale, e compromettendo anche la traiettoria del bilanciere. Ecco, in questo caso lo sticking point si verificherebbe poco sopra il parallelo, ma sarebbe insensato credere che la causa sia una questione di leve, mobilità o carenze muscolari, che magari sono anche effettivamente problematiche in quel determinato soggetto, ma non certo imputabili come causa primaria fintanto che abbiamo a che fare con un palese errore.

Altrettanto sbagliato è invece identificare il problema come una questione di natura tecnica ma focalizzandosi sulla zona in cui osserviamo il problema ad esempio inserendo fermi o varianti che diminuiscano il range of motion all’altezza dello sticking point; ciò sarebbe del tutto inutile, perchè, come abbiamo visto nel nostro esempio, il problema è come l’atleta gestisce la discesa, non la fase di spinta.

E di esempi così potremmo farne a decine, l’atleta che parte con il bacino ruotato e la pancia chiusa nello stacco e poi in chiusura rallenta improvvisamente, quello che abbassa il petto in panca durante il fermo e poi si ritrova con il bilanciere piantato a mezz’aria, e via dicendo.. in tutti questi casi il modo corretto ed efficace per agire sullo sticking point è lavorare su ciò che lo causa, muoversi diversamente è come continuare a mettere pezzi di scotch sopra la gomma bucata della bicicletta, si ok più ne metto più lo scotch ha probabilità di riuscire a reggere ma la soluzione rimane ripararla oppure cambiarla, specialmente se poi con quella bicicletta mi piacerebbe andare a farci le gare.

 

 

 

2) Le Leve:

Le caratteristiche antropometriche di un atleta determinano inevitabilmente il suo posizionamento sotto il bilanciere, il che determinerà la dinamica dell’alzata, che a sua volta deciderà la sua attivazione muscolare e i suoi angoli articolari. Effettivamente penso ad un atleta con leve difficili per lo stacco da terra, femore corto, busto lungo, braccio medio-corto, un soggetto di questo tipo dovrà sempre fare i conti con uno sticking point a carichi massimali, specialmente in uno stacco classico, molto probabilmente a livello del passaggio al ginocchio, questo non solo a causa delle leve in sé, ma anche per l’effetto di queste sulla sua capacità di non sbagliare a carichi elevati,

più un’alzata ci è resa intuitiva dalla natura più risulta semplice trovare una direzione che ci permetta di fare le stesse cose al 50% e al 100% dell’1RM

ma quando ciò non accade bisogna trovare strategie di movimento che si accordino con altri fattori (mobilità, distribuzione muscolare, capacità di attivazione) e tirarne fuori il compromesso migliore, quello con possibilità di costruzione e crescita maggiore.

 

3) La mobilità articolare:

Impossibile non menzionare il parametro che più di tutti è in grado di condizionare gli angoli articolari di un’alzata, ovvero la mobilità articolare. Fino ad ora questa cosa degli angoli articolari torna sempre, su 3 fattori presi in considerazione per 3 volte si è parlato di angoli, ed effettivamente sono determinanti o meglio determinante è la loro proporzione sotto carico! Ed effettivamente sono condizionati fortemente dalla possibilità per un atleta di raggiungerli in comodità strutturale, un concetto che suona piuttosto bene ma andiamo a vedere che intendo: immaginiamo un atleta che abbia deciso di fare uno squat con una stance molto larga, magari anche proporzionata alle sue leve quindi non disquisiamo della correttezza di questa scelta in termini tecnici, ma facciamo finta che questo atleta non possieda una mobilità di anca tale da permettergli di gestire l’alzata in comodità strutturale.

Beh, prima di tutto, il soggetto in questione dovrà fare i conti con la definizione di squat valido secondo il regolamento di gara, in questo caso sappiamo che sarà necessario rompere il piano del parallelo (e possibilmente in entrambi i lati, cosa che in alzate con setup molto al limite inizia ad avere un certo peso, ma per ora fingiamo non sia importante). Bene, per farlo ovviamente sarà costretto a misurarsi con gli angoli che il suo corpo gli concede di raggiungere, e se questi non basteranno per ottenere un’alzata valida sarà costretto a introdurre altre soluzioni, dei compensi articolari, nel caso di uno squat che non riesca a spezzare il parallelo uno di questi potrebbe essere la retroversione di bacino e lo sbilanciamento sui talloni in basso, con tutti i problemi che ne derivano sui quali non mi soffermerò in questo articolo. Però questo è ciò a cui mi riferisco quando parlo di “comodità strutturale” ovvero la capacità di raggiungere una determinata posizione senza essere costretti a sacrificare il posizionamento di strutture adiacenti. La mobilità può aiutarci in questo ma ovviamente fino a dove il creatore ce lo concede.

 

4) I muscoli:

Arriviamo infine alla questione muscolatura.

Effettivamente, il come una persona è fatta dal punto di vista della massa magra può darci delle indicazioni importanti per decidere come lavorare e su che genere di alzata investire il nostro tempo e le nostre energie. In questo senso credo che l’occhio di un buon allenatore dovrebbe cadere più sulla distribuzione della massa magra di un atleta che sull’andare a caccia di eventuali “carenze” che trovo fin troppo mitizzate, visto che ogni sport crea la propria ipertrofia specifica, dunque non vedo perchè non dovrebbe essere lo stesso per un powerlifter. Il grado di presenza però di muscolatura attorno ad un’articolazione chiave può darci un indizio importante per decidere come impostare la tecnica o lo stile di un’alzata.

Ad esempio, un ragazzo molto ipertrofico a livello di glueti e catena posteriore e di contro longilineo e carente di massa magra nei quadricipiti gioverà certamente di uno squat lowbar e piu in generale di un’alzata che faccia leva sui suoi punti forti, al contempo sarà sicuramente intelligente trovare dei metodi per potenziare la muscolatura di spinta ma in questo caso il “come” conta tantissimo, servono esercizi che abbiano transfert, che riescano ad accendere il sistema nervoso e problematizzare la stabilità del movimento al pari di uno squat, quindi non perdiamo tempo a tal proposito sulle leg extension. Quel che è certo è che non tenere conto di queste soggettività potrebbe tra le altre cose condurre a sticking point in zone strane dell’alzata e del tutto evitabili accorgendoci del tipo di struttura su cui stiamo impostando il lavoro.

 

 

CONSIDERAZIONI FINALI

 

Per tirare le somme, credo che quel che conti sia minimizzare le probabilità di incontrare uno sticking point brutale nelle nostre alzate per quel che ci è dato conoscere, quindi basandoci almeno sui punti citati in questo articolo. Fatto questo, dobbiamo comunque essere allenati a gestire un rallentamento dei carichi quando le % di peso arriveranno in prossimità del massimale, perchè che ci sia un brusco rallentamento (sticking point) causato da una sproporzione articolare oppure no, sicuramente i tempi sotto tensione si dilateranno e sarà inevitabile che la nostra capacità di mantenere una linea di spinta stabile ed efficace sarà messa duramente alla prova, il che ci obbliga a fare i conti con due esigenze di allenamento, saggiare sufficientemente spesso la nostra capacità di lavoro con % elevate ed allenarci a muoverci all’interno di tempi dilatati (isometrie e isocinetiche), specialmente nelle porzioni di movimento in cui più facilmente si verificheranno perdite di controllo sul carico a causa di una leva maggiormente sfavorevole.

 

L'articolo Lo sticking point – cause e soluzioni sembra essere il primo su AIF - Accademia Italiana della Forza.

CAVERJECT BENCH PROGRAM

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Articolo a cura di Ado Gruzza,
basato su un programma di Alessio Erba
Coach presso Crossfit Lambrate
Barbarians Powerlifting Milano
Tecnico AIF

 

ASSENZA DI VARIANTI IN CONTESTI PARTICOLARI

 

Su queste pagine siete abituati a vedere programmi che sono ricchi di varianti e variazioni sull’esercizio fondamentale. Variazioni di tempo (gergalmente dette isometriche e isocinetiche) e varianti di sistema, tipo variazione sulla larghezza della presa, della stance dei piedi, della posizione del bilanciere, dell’inclinazione della Panca piuttosto che del range dell’alzata.

Siete abituati a vedere programmi con queste variazioni perché sono tremendamente utili. Aiutano a dare stimoli differenti sia a livello nervoso che muscolare. Aiutano a dare input tecnici facilitando reclutamenti più funzionali e banalmente aiutano a drenare la fatica su linee molto stressate e sovraccaricare muscoli che hanno bisogno di essere accesi maggiormente.

 

In questo caso però avremo un programma in cui si fa Panca piana e solo Panca piana come esercizio fondamentale.

 

Una esperienza non nega l’altra. Anzi, durante l’anno mettere in cascina programmi quasi ‘shock’ come questo, aiuta a fare un salto in avanti, a concentrare l’attenzione su sensazioni, lavoro e stimolo sull’esercizio fondamentale per la parte alta.

 

 

 

LE LOGICHE DEL PROGRAMMA

 

Il Caverject Bench Program (il cui nome ha una storia lunga e travagliata), ideato da Alessio Erba, è iper specializzato, basato su un buon accumulo di volume, con carichi via via sempre più intensi e la struttura è ciclica a 6 settimane.

Questo programma prende ispirazione direttamente da una delle ruotine più famose dell’area ex sovietica. Il programma chiamato Smolov (in realtà scritto da Coach Fedulleyev) e condivide con con quest’ultimo la frequenza e l’alto grado di specificità. Di fatti, come detto prima, non abbiamo alcun tipo di variante. Solo l’esercizio di gara. La differenza sostanziale con lo Smolov originale sta nell’interpretazione dell’Intensità Relativa all’interno di questo.

Essendo un programma, come abbiamo detto, iperspecifico, vogliamo che il nostro soggetto si concentri in primo luogo nel rendere l’alzata (in questo caso la Panca piana) estremamente ordinata. Poi di trasmettere questo ordine (questo automatismo) anche e soprattutto prima sui carichi elevati poi sui carichi limite.

Per ottenere questo serve fare tanto fondo con carichi medi e medio alti.

L’ordine, cioè lo scandire seguente di tutti i passaggi tecnici fondamentali è importante in tutte le alzate ma importantissimo nella distensione su Panca piana.

 

Quello che differenzia un buon panchista da un ottimo panchista è la capacità di quest’ultimo di mettere in fila ogni tassello ad ogni singola seduta, ad ogni singola ripetizione senza lasciare corrompere il gesto tecnico dal carico.

 

Ecco che portare fin da subito (senza aver costruito una fortissimo automatismo) in affanno la singola serie potrebbe portare l’effetto ‘fuga dallo sforzo’ togliendo appunto ordine e spostare lo stress dai muscoli alle articolazioni.

 

Il giusto rapporto tra le sedute e la fatica derivata da esse ci porta a rendere sempre al meglio ed essere in grado di riflettere sotto carico, dominando l’alzata.

In più questo ci permette di concentrarci maggiormente sull’Intensità piuttosto che sull’Intensità relativa costruendo una base qualitativa e picchi di carico molto specializzanti.

 

 

Abbiamo dunque un programma costruito su 6 settiane rispetto alle 4 dello Smolov,

Brutalmente semplice ma brutalmente funzionale.

 

 

LO SCHEMA

 

SETTIMANA 1

 

Lunedì 70% 6X6S

Mercoledì 75% 4X7S

Venerdì 80% 2X8S

Sabato 85% 1X10S.

 

Nelle settimane successive andremo ad incrementare del 2% ogni seduta.

 

SETTIMANA 2

 

Lunedì 72% 6X6S

Mercoledì 77% 4X7S

Venerdì 82% 2X8S

Sabato 87% 1X10S.

 

Notate come nelle prime settimane le singole serie hanno una Intensità Relativa sufficientemente bassa da permettere di avere modo di lavorare sul gesto e sulle sensazioni. Sulla qualità, insomma, del gesto.
Il buffer nella singola serie è ampio e la parte allenante è sostanzialmente data dall’accumulo di serie e dallo sforzo volontario di accelerare il carico partendo da un punto di assoluta stabilità.

 

SETTIMANA 3

 

Lunedì 74% 6X6S

Mercoledì 79% 4X7S

Venerdì 84% 2X8S

Sabato 89% 1X10S.

All’alzarsi del carico l’obiettivo sarà quello di percepire una fatica (letteralmente l’RPE) uguale o molto simile alle settimane precedenti. Non si tratta solo di fare di più ma di percepire il più pesante comunque facile. Dato spesso sottovalutato nell’allenamento della forza.

 

SETTIMANA 4

 

Lunedì 76% 6X6S

Mercoledì 81% 4X7S

Venerdì 86% 2X8S

Sabato 91% 1X10S.

Nella settimana 4 si rompe la barriera del 90% e queste singole devono essere percepite come fluide se non addirittura facili.

 

SETTIMANA 5

 

Lunedì 78% 6X6S

Mercoledì 83% 4X7S

Venerdì 88% 2X8S

Sabato 93% 1X10S.

 

SETTIMANA 6

 

Lunedì 80% 6X6S

Mercoledì 85% 4X7S

Venerdì 90% 2X8S

Sabato 95% 1X10S.

 

Se nel corso del ciclo abbiamo mantenuto la qualità elevata che dicevamo poco fa, quest’ultima settimana sarà sorprendentemente più facile del previsto malgrado l’Intensità Relativa teorica sarà molto elevata. L’abitudine alla intensità crescente ed alla abilità di spingere in maniera conscia percentuali più elevate a fine settimana condiziona l’atleta a 360 gradi:muscolarmente, tecnicamente e a livello di timing ottimale.

L’ideale ora è un breve scarico di una settimana, alla fine della quale andremo a testare i nostri progressi.

 

 

Qui di seguito la settimana di scarico:

 

SETTIMANA 7

 

Lunedì 80%4X6S

Mercoledì 85% 3X5S

Giovedì dì 90%1, 85% 1X4S

Sabato TEST

Come potete notare in questa settimana non abbiamo fatto un passo in dietro in termini di intensità assoluta ma in fatto di volume.

Questa è una scelta trova le sue motivazioni nel fatto che vogliamo tenere il nostro sistema nervoso tarato rispetto una certa soglia di carico ma allo stesso tempo permettere un leggero e graduale recupero del sistema muscolo-scheletrico. La seduta precedente al test è l’unica propriamente “di scarico” in termini di intensità assoluta media ed intensità relativa di ogni serie, nonostante la singola al 90% la quale funge da mero stimolatore neurale preparatorio per il test.

 

Il 90% che a questo punto sarà percepito come piuttosto facile.

 

La progressione si presta molto bene per essere un doppio ciclo a 6 settimane, vale a dire che dopo il il primo giro possiamo pensare di ripetere da capo questa routine, utilizzando in nostro nuovo massimale di riferimento come base.

 

Complementari?

 

Come lavoro complementare associato, il miglior compromesso è stato lavorare attivamente su dorso e braccia con esercizi multiarticolari come remate verticali ma soprattutto orizzonali, lasciando  però al minimo i complementari di spinta. Come abbiamo già detto, è uno schema molto stressante, aggiungere ulteriore affaticamento potrebbe risultare controproducente. In questo contesto, suggerisco di limitare il lavoro sul pettorale a delle spinte con manubri in panca inclinata e/o dips con schemi a carico fisso e frequenza di 2xWk. Potete anche scegliere, come molti panchisti d’elite dell’area post Sovietica di limitarvi a fare lavoro per il dorso ed esercizi periferici per braccia e deltoidi. Esercizi semplici a livello di complessità tecnica e a limitata multiarticolarità. Per come la vedo io una super-serie al giorno di braccia è fortemente consigliata.

 

 

Per l’agonista, come implementare questo schema in un contesto di programmazione annuale?

 

Idealmente è il programma che si presta molto bene se svolto in seguito ad un ciclo ricco di varianti a fermi lunghi, con intensità media abbastanza elevata e ridotto volume. In questo caso partiremo con un gesto educato a dei fermi ampiamente regolamentari ed un buon grado di tolleranza rispetto ai carichi elevati.

Già il solo switch da un programma a medio-basso volume a questo schema porta certamente ad uno stressor adattivo non indifferente, che se ben gestito si traduce in ottimi guadagni di massa magra.

Essendo di natura un programma shock, il nostro suggerimento è di cambiare stimolo dopo due cicli ed intraprendere una fase puramente estensiva per ristabilizzare l’alzata e pulire eventuali sbavature del pattern motorio.

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BIG HORN FOR BIG BENCH – bench specialist program

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Di Hideki De Patto

Coach presso Ironfit Monza,

Barbarians Powerlifitng Milano,

Tecnico AIF

Laureato in Scienze Motorie

 

 

Oggi vi presenterò un programma per gli specialisti della Panca piana che è sostanzialmente un’applicazione del metodo Big Horn https://www.facebook.com/136196223160056/videos/667408850612821 .

Ovviamente il programma seppur nato per determinati soggetti può essere utilizzato su chiunque quindi sperimentatelo!

 

Per chi nasce questo programma?

 

Per dei panchisti che avevano nello specifico punti di forza e difetti identici tra loro. Mi spiego meglio: si parla di soggetti (maschili e femminili) che hanno molta mobilità toracica e leve favorevoli, quindi omero piuttosto corto e di conseguenza range of motion ridotto. Tutti i soggetti hanno come tratto comune la poca strada da percorrere col bilanciere e di conseguenza massimali sopra la media delle rispettive categorie di peso.

Nelle tre foto potete apprezzare appunto il loro accentuato arco toracico, dettaglio che si rivela importante nell’esecuzione dalla loro alzata e da cui scaturisce il loro difetto.

 

Foto – Gianluca De Carlo, 2° posto Coppa Italia Distensione su panca FIPE 2018

 

 

Foto – Maddalena Porta, detentrice di diversi podi FIPE

 

 

Foto – Annamaria Chincoli alle prese con 82,5 kg, categoria -57 kg

 

 

Qual è la problematica di fondo da risolvere?

 

Il ROM molto favorevole ha portato i soggetti ad eseguire un movimento “comodo” senza quindi cercare troppa fatica nell’arrivare al petto, proprio perché la strada da coprire era ben poca. Questo li ha portati molto in fretta a carichi importanti facendoli però poi stallare definitivamente. È facile intuire come, dovendo eseguire un percorso breve, l’errore si riscontri in un’eccentrica “vuota” e priva di caricamento. Infatti, la difficoltà per tutti si presentava poi nella fase concentrica, in risalita dal petto, poiché i muscoli di spinta non risultano attivi.

Ricordiamo che una panca efficiente prevede una discesa con un caricamento in cui il gran dorsale viene ingaggiato per far sì che i muscoli di spinta, a cui fa capo il pettorale, siano allungati fino alla fase di fermo al petto e da lì di conseguenza si contraggano per trasmettere un’accelerazione al bilanciere.

 

Come risolvere il problema?

 

La risposta è molto semplice: con una della più basilari varianti che si possano utilizzare, ovvero le isocinetiche. Rallentare infatti discesa e salita fa percepire al soggetto l’utilizzo del dorsale nell’accezione più muscolare possibile sia in eccentrica che al fermo. Inoltre, in uscita dal petto, se l’ingaggio dorsale è stato ben eseguito, ci sarà la possibilità di gestire la velocità di risalita accelerando gradualmente il bilanciere.

 

 

Perché la scelta del Big Horn?

 

L’esigenza era tenere la forbice delle percentuali, nella giornata più stressante sotto questo specifico punto di vista, il più stretta possibile e vicino a quei chili che mandavano in crash l’alzata. In questo caso tutti i soggetti tendevano ad avere un breakdown attorno al 90%, carichi altre i quali il poco ROM non bastava più come compenso per eseguire l’alzata.

Vediamo ora il programma in modo da rendere più chiaro quanto detto fin ora:

  BIG HORN Panca da gara
SETTIMANA 1 4x6s 72,5% 75% 4x8s
SETTIMANA 2 1@8 discesa e salita 3” + 65% 4x4s discesa e salita 3” + 1@8 4x4s 75% + 4×80%
SETTIMANA 3 3x7s 77,5% 4x6s 80%
SETTIMANA 4 1@8 discesa e salita 3” + 70% 3x5s discesa e salita 3” + 1@8 3x5s 80% + 3×85%
SETTIMANA 5 3x6s 82,5% 3x6s 85%
SETTIMANA 6 1@9 discesa e salita 3” + 75% 3x4s discesa e salita 3” + 1@9 3x4s 85% + 2×90%
SETTIMANA 7 2x7s 87,5% 2x5s 90%
SETTIMANA 8 1@9 discesa e salita 3” + 80% 2x5s discesa e salita 3” + 1@9 2x4s 90% + 2x 95%
SETTIMANA 9 2x6s 92,5% 2x4s 95%
SETTIMANA 10 1@9 discesa e salita 3” + 85% 2x4s discesa e salita 3” + 1@9 4x2s 85% + 3×90%
SETTIMANA 11 1x7s 97,5% 3×3 90%
SETTIMANA 12 1@9 (scelta dell’entrata di gara) + 1x4s stesso peso 1x5s 90% + 1×95%

 

  • PANCA 1 e PANCA 4 (STRESSANTE) = progressioni principali

Il blocco di quattro settimane della PANCA 1 è composto da due progressioni fisse crescenti di percentuali e con volume praticamente identico ma ripetizioni calanti, e dalle due sedute di Big Horn. Quest’ultime sono le sedute più interessanti: presentano delle singole con isocinetica, un back off con il 7,5 % in meno della settimana precedente ma ridotto di due serie sempre in variante isocinetica, e infine un ulteriore singola senza variante. Interessante è sapere che nelle indicazioni di questo programma vi era l’obbligo di rifare nella singola finale lo stesso ramping di quella iniziale.

Tutti i soggetti infatti dalla 4 settimana in poi sono arrivati a fare singole dal 92,5 % in su, fino anche a superare il vecchio massimale. Il potere spingere con solidità carichi sopra al 90% è ovviamente fondamentale per la buona riuscita di un ciclo di allenamento e denota un progresso notevole.

 

  • PANCA 2 (RIGENERANTE) = panca paraolimpica presa media discesa 5 secondi con ramping autoregolati da 5 a 2 ripetizioni e un successivo back off da 6 a 4 serie.

La scelta di questo connubio di varianti è sempre in funzione del ROM ridotto di queste alzate. Si va dunque ad eliminare il leg drive e si aumenta la strada da percorrere stringendo la presa in modo tale da complicare l’alzata esattamente sotto il punto che di solito la rende favorevole a questi soggetti. Non di meno la discesa molto lenta farà percepire la strada come ancora più lunga e faticata costringendo all’utilizzo del dorso per tutta la fase eccentrica.

 

  • PANCA 3 (STIMOLANTE) = panca fermo 3 secondi al petto con schema lineare crescente o per volume o per intensità. In aggiunta una singola ogni 3 settimane sempre fermo 3 secondi.

Vi chiederete ma perché un fermo lungo se abbiamo appena detto che l’errore principale di questi soggetti era la discesa? Semplice! Se non carico la discesa mi ritrovo al petto in un punto difficoltoso da cui uscire e la reazione istintiva è scappare il prima possibile. Dovendoci stare tre secondi anche in questo caso sono costretto a faticare l’eccentrica in modo da poter sopportare un fermo lungo senza troppe paure.

 

  • PANCA 5 (solo se si eseguono 5 sessioni) (RIGENERANTE) = panca stretta a volume dal 50% al 75%.

Anche in questo caso è lampante la scelta della variante: stringere la presa ed eliminare il vantaggio del poco ROM cambiando gli angoli in gioco.

 

Come si nota subito è un programma ciclico con blocchi di 4 settimane. Questo lo rende molto maneggevole per eventuali modifiche semplicemente ripetendo il blocco e/o modificandone le percentuali.

In questo caso specifico le prove di entrata della settimana 12 fanno intuire che a settimana 13 ci sarà una competizione o comunque un TEST.

 

 

Ma perché si è rivelato così efficace?

 

Correggendo la fase eccentrica, rallentandone il tempo, il caricamento dorsale risulta più efficiente e di conseguenza anche la spinta. Dovendo, inoltre, eseguire in variante lenta anche la salita l’uscita dal petto verrà percepita come solida e composta.

Poter maneggiare questi carichi e sentirli “fluidi” in spinta per quanto faticata la discesa, inibisce il soggetto dalla paura dei chili e permette di mantenere un set up efficiente durante tutta l’alzata. Questo inoltre permette poi di ripetere la performance del primo ramping nella successiva panca classica e dopo un lavoro correttivo comunque non indifferente a livello muscolare. A fine sessione vi siete portati a casa due singole pesanti eseguite da manuale e un buon lavoro di carattere tecnico.

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Crossfit: bilanciere alto o basso?

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Di Simone Carniel.
Docente Accademia Italiana Forza.
Recordman Italiano Powerlifting
Lavora presso Reebok Officine Crossfit occupandosi primariamente dell’ambito Forza.

 

Crossfitter BUONGIORNO!

 

Lavoro da anni come Trainer a Milano in uno dei più importanti centri Crossfit d’Italia. Per questo vorrei parlare a loro, ma non solo.

 

Per quanto tempo sentiremo ancora parlare di battaglie tra high bar e low bar nell’allenamento della sessione di back squat?

 

Andiamo ad analizzare un caso studio particolare, partendo dai video di Stefano, Fittest in Italy da 9 anni consecutivamente. Nella sessione era richiesto di eseguire triple pesanti con lo stesso peso: alcune sono state svolte tenendo il bilanciere alto appoggiato sopra il trapezio, le altre col bilancere basso, stile powerlifter per intenderci.

High bar

 

 

Low bar

 

Se ci fermassimo a guardare soltanto la prima ripetizione dei tre video, la partita sarebbe chiusa qui: HIGH BAR TUTTA LA VITA. Ma il discorso non è così semplice. Sì, è vero, la più bella tra le prime ripetizioni è quella a bilanciere alto perché Stefano è più rilassato, scarica bene il peso a terra, la traiettoria del bilanciere è molto simile tra discesa e salita.

 

Poi, cosa succede nella seconda e nella terza ripetizione?

 

In high bar, il disastro totale: la linea della prima ripetizione non è ripetibile neanche con il binocolo, il divario tra discesa e salita diventa veramente grande (il cosiddetto “occhio” formato dalla traiettoria del bilanciere) e, quindi, l’alzata perde sinergia e diventa inefficiente a livello di stimolo allenante.

 

E nel low bar, tipicamente un’alzata con una complicazione in più?

 

Se ora, invece, andiamo ad analizzare le due serie in low bar, la differenza iniziale che balza subito all’occhio è la rigidità con cui mantiene il bilanciere sulla schiena già prima di partire. La fase eccentrica diventa quindi più rigida e più frenata rispetto all’high bar, ma la differenza tra le tre ripetizioni all’interno dello stesso set è molto più ridotta rispetto a quando aveva il bilanciere alto.

Ovviamente Stefano, per la sua matrice da crossfitter, è sempre stato abituato a lavorare in high bar, quindi sa cosa fare quando ha il bilanciere comodo sulle spalle. Per contro però, l’inefficienza sulla media/lunga distanza non gli da capacità di accelerare il bilanciere come invece il low bar gli consente di fare. Anche se il movimento è ancora molto grezzo e rigido, (quello che lo fa partire all’inizio un po’ posteriorizzato e finire in buca anteriorizzato, errore estremamente comune) il bilanciere in low bar da a Stefano un gesto tecnico più allenabile e una proiezione nel tempo, una volta “rilassato” nei punti giusti, di generare una linea più coerente e di conseguenza più efficace.

 

 

Ho preso l’esempio di Stefano, non tanto perché nel Crossfit è il più forte da molto tempo, quanto perché a livello strutturale rappresenta il 99% di chi si allena in un box: non a livello muscolare, chiaramente, ma il rapporto tra le sue leve è molto comune.

Se fosse stato un pesista cinese, la mia analisi sarebbe stata totalmente inutile e completamente diversa.

 

CONCLUSIONI GENERALI

 

Avendo avuto la possibilità di vedere una quantità infinita di squat in questi anni, e essendo responsabile della parte STRENGHT di BHT, posso osservare e confrontare tra loro tante tipologie di atleti diversi:

la necessità di renderli più efficaci sotto carico si scontrava con la voglia di verticalità “imposta” dal Weightlifting, che li teneva rigidi e poco efficaci quando poi il carico si alzava.

Abbassando il bilanciere, su chi più e su chi meno, una volta assimilati gli input corretti e il relax nei punti giusti, possiamo inevitabilmente vedere un miglioramento non solo nel massimale di back squat, ma anche nell’essere più efficienti in qualsiasi esercizio con schemi motori similari.

Quindi, ancora una volta, possiamo ribadire un concetto già sentito ma troppo spesso ignorato:

Il transfer di un gesto su altri schemi motori, dipende molto anche dall’efficienza neuromuscolare stessa del gesto di partenza, più che da un tentativo di imitazione, spesso disfuzionale, del gesto target che si vuole migliorare.

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IL MEGACICLO – PROGRAMMAZIONE SUL LUNGHISSIMO PERIODO

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Di Giuseppe Gargiulo.
Tecnico Accademia Italiana Forza dal 2018.
Studente di ingegneria Aerospaziale.
Allenatore presso Barbarian’s Parma e Sorrento.

 

Come già ampiamente detto in questa e in altre sedi, la periodizzazione dell’allenamento della forza (e non), viene, per convenzione e per ordine mentale, suddivisa in varie categorie, dalla meno ampia alla più ampia:

 

    1. Microciclo (cioè la settimana)
    2. Mesociclo (da 3 a 6/8 settimane)
    3. Macrociclo (da un test all’altro, quindi da 10 a 16 settimane, grossomodo)

 

A dimostrare l’efficacia di un approccio basato su questi concetti, ci sono sicuramente decenni di risultati sia nel powerlifting, sia nella pesistica, dato che in moltissimi metodi, che possono essere pure molto diversi tra loro, la logica di consequenzialità degli stimoli su un lasso di tempo che va da una gara all’altra, è abbastanza simile.

 

RIPETERE UNA PROGRAMMAZIONE VINCENTE ALL’INFINITO?

 

Quello che, però, noi ci eravamo chiesti, è se, effettivamente, una volta chiuso un macrociclo, il “cerchio” degli stimoli per il corpo si sia completamente chiuso e si possa ricominciare il giro con la stessa logica del macrociclo precedente, dove per logica si intende un approccio di massima, ovviamente cambieranno dei parametri a seconda dei casi specifici.

Per avvicinarci al nocciolo della questione, se in 12 settimane l’atleta X, facendo complessivamente 600 ripetizioni allenanti di squat, 800 di panca e 400 di stacco (numeri completamente a caso) a una data intensità media per alzata, e con una certa progressione, è migliorato molto, è arrivato in formissima al test, non ha avuto allenamenti critici, ha aumentato la propria massa muscolare etc etc… a questo punto, nel prossimo macrociclo ha senso tenere lo stesso approccio?

 

 

OSSERVAZIONI:

 

Partiamo da un punto fondamentale, cioè che esistono sicuramente persone che reggono meglio un tipo di stressor piuttosto che un altro, quindi MEDIAMENTE abbiamo sempre un certo riferimento (non faremo mai allenare un uomo di 120kg con lo stesso programma di una ragazza di 50kg), però abbiamo osservato EMPIRICAMENTE due cose:

    1. Quando un atleta cambia allenatore (a meno che uno non sia nettamente più bravo dell’altro), di solito, nel breve termine, migliora;
    2. Ogni allenatore, per quanto possa essere capace, avrà inevitabilmente il proprio metodo e le proprie convinzioni che difficilmente ribalterà nel breve termine;
    3. Quando abbiamo forzatamente provato ad usare sui nostri atleti un approccio diverso al macrociclo precedente, abbiamo visto quasi sempre un miglioramento.

 

POSSIBILE APPROCCIO PRATICO

 

L’idea che ci siamo fatti è che l’alternanza di fasi più voluminose a fasi più intense per portarci al picco di forma, non valga solo nel medio termine del macrociclo, ma possa valere, quasi allo stesso modo, anche su lassi di tempo molto più lunghi.

 

PRIMO MACROCICLO – VOLUME

 

In pratica facciamo un primo macrociclo, sempre costituito da estensiva, intensiva e taper, che però avrà mediamente un volume alto e dei carichi bassi, soprattutto nelle prime fasi, per poi avere una fase di picco in cui toccheremo carichi alti, che però sarà piuttosto breve. In pratica ricerchiamo la prestazione cercando di costruire solida massa muscolare, automatismi efficaci e grande condizione fisica, per poi “adattarci” ai carichi alti in vista del test. In pratica sarà una fase estensiva “su larga scala”.

 

SECONDO MACROCICLO – INTENSITA’

 

Il secondo macrociclo, invece, sarà basato su carichi mediamente alti, spesso toccati fin dall’inizio, magari in una seduta autoregolata come quella del Big Horn, che in questo caso calza a pennello, o addirittura utilizzando un metodo di impronta bulgara. Quindi il volume sarà mediamente basso e i carichi più alti. In pratica si ricercherà meno la “costruzione” e più l’“attivazione”. Questo secondo macrociclo sarà meno ipertrofico sulla carta, e più orientato al miglioramento della coordinazione a carichi alti e della frequenza di scarica. Sulla carta. Spesso, però, il beneficio della ventata di freschezza data a un corpo un po’ congestionato dal volume, è tale da far migliorare anche la composizione corporea.

Idealmente, questo macrociclo dovrebbe culminare con la gara più importante dell’anno e può essere visto come una grande fase intensiva + taper.

 

 

TERZO MACROCICLO – OFFSEASON

 

Il terzo macrociclo, visto in scala ridotta, può essere assimilato a una fase pre-estensiva, e lo chiameremo ciclo di “off-season”, dove i carichi saranno bassi (ma in alcuni casi si possono raggiungere alte % soprattutto se si usa autoregolazione), spesso anche la frequenza (non avrebbe certamente senso inserire 5 panche settimanali con mille paranoie su come bilanciare gli stimoli) e si potrà dare più spazio a complementari, esercizi funzionali, ripetizioni molto alte e variante o metodi “strani”.

In pratica, si utilizzeranno altri piani di lavoro e altri sistemi energetici, dando al corpo da un lato una ripresa dal sovraccarico continuo sempre delle stesse strutture, e da un altro si potrà lavorare sui gap muscolari e coordinativi.

Si può avere, quindi, anche una certa libertà di sperimentazione che può dare dati utili all’allenatore e un po’ di sollievo psicologico a un atleta magari stanco di una certa monotonia. È capitato, alle volte, di battere alcuni record personali proprio in questa fase, in tal caso l’allenatore ha probabilmente beccato una progressione o una variante giusta, che potrà quindi riproporre in periodi competitivi.

Abbiamo battezzato come MEGACICLO l’insieme di più macrocicli. Un megaciclo può durare quasi un anno.

 

 

Qualche considerazione sparsa:

 

  1. Fin quando un atleta non è sufficientemente maturo fisicamente e avanzato tecnicamente, la priorità va data ad approcci basati sul primo macrociclo, quello “estensivo”, che magari può essere ripetuto anche più volte. Per una persona totalmente deallenata, invece, sarebbe meglio un lavoro più generico come quello del terzo macrociclo, che andrà via via sfumando verso il primo, per poi piazzarci un primo test dei massimali non appena le alzate siano quantomeno ripetibili. A quel punto si parte con solidità dal primo macrociclo, e non la si sbaglia.
  2. Il macrociclo estensivo, tendenzialmente, si presta a una durata maggiore, dato che lascia spazio a una progressione di carichi più ampia (partiamo da carichi bassi, ma non dimentichiamo che alla fine del macrociclo dobbiamo comunque avere un peaking e un test).
  3. Il macrociclo di offseason è utile soprattutto ad atleti che vengono da schemi molto ripetitivi e poco variegati, inoltre non è sempre temporalmente compatibile con gli impegni agonistici.

 

Le possibili variazioni su questa logica, che per ora rimane ancora una bozza, sono varie.

Come detto, questa idea è una bozza di cui abbiamo iniziato a discutere solo pochi mesi fa, adesso stiamo iniziando a sperimentare queste logiche in maniera più sistematica e scientifica, per avere le idee più chiare sulla soggettività della questione e sulla lunghezza dei vari macrocicli o sulla loro eventuale ripetizione. Purtroppo la pandemia ha cambiato molto le carte in tavola, ma cercheremo col tempo di farci un’idea sempre più “scientifica” di questo approccio.

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Preparazione Atletica: Panca Piana. Ne vale davvero la pena?

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di Stefano Tintori.
Elite Strength Trainer AIF
Diplomato Corso Alta Formazione 2018
Coach Bergamo Powerlifting.

 

La panca piana è uno dei più celebri esercizi praticabili con un bilanciere, difficile trovare qualcuno che non sappia cosa sia: dallo sportivo più allenato che la fa 4 o 5 volte alla settimana alla casalinga sedentaria che ha visto 6 repliche dell’episodio di Beautiful dove litigano e si minacciano in palestra. Insomma chiunque la conosce o ha vagamente idea di cosa si tratti.

Questa notorietà l’ha però resa talmente mainstream che per decenni è stata ciclicamente proposta, abbandonata, rivisitata ed in generale abusata in tutte le salse e discipline possibili.

 

PER QUALE MOTIVO VIENE, A VOLTE, ACCANTONATA?

 

Inizialmente osannata come fondamentale irrinunciabile per forza e muscolazione dell’upperbody, e successivamente screditata ed accantonata perché caratterizzata da un ROM incompleto. Nel bodybuilding e nella preparazione atletica viene infatti spesso sostituita dalle distensioni con i manubri al fine di ottenere un maggior prestiramento muscolare in fase eccentrica e di conseguenza una maggiore contrazione in fase concentrica. Vista così una scelta più che comprensibile, che però nel concreto risulta spesso essere un comodo ripiego, soprattutto nel momento in cui a questa valida argomentazione si aggiunge che “la panca piana con il bilanciere può creare problemi alle spalle”.

Falso, poiché se fare panca con il bilanciere alla lunga vi da noia alle spalle è molto probabile che stiate sbagliando qualcosa, ed è altrettanto probabile che il lavoro più completo del pettorale che ricercate attraverso l’uso dei manubri sia addirittura poco rispetto al suo vero potenziale.

“Nella preparazione atletica NESSUNO sa fare la panca piana.”

Un’affermazione di cui mi assumo pienamente la responsabilità sperando vivamente che qualcuno del settore mi possa smentire mostrandomi finalmente un’alzata efficace ed efficiente in un contesto di Strength & Conditioning. Un’alzata senza compensi che ottimizzi al massimo il reclutamento muscolare, che non vuol dire semplicemente fare più strada e di conseguenza più fatica come se avessi in mano due manubri ma significa generare e padroneggiare un controllo motorio che mi permetta di ingaggiare veramente il pettorale in maniera funzionale.

Non è così scontato.

 

 

Basta vedere come persino nel mondo del Powerlifting c’è ancora qualcuno (anche ai livelli più alti) che dimostra di non avere ancora le idee molto chiare. Certo mi direte voi “ma se non la sa fare allora come fa a fare tutti quei kg?” e io vi risponderei “se imparasse a farla ne farebbe molti ma molti di più” ma questa è un’altra storia che esula da ciò di cui vorrei parlarvi oggi.

 

 

Perchè con il bilanciere?

 

Tornando a noi, è proprio vero che i manubri permettono un maggior prestiramento del muscolo, correggono eventuali asimmetrie e risultano meno vincolanti dal punto di vista articolare, ma la panca piana con il bilanciere – quella fatta come si deve (con le scapole depresse, il peso scaricato nello schienale e un fermo granitico in tensione massima al petto) – risulta avere due caratteristiche FONDAMENTALI per chi allena e programma gli allenamenti con criterio:

    • la ripetibilità

    • e la modulabilità.

Due aspetti indispensabili per poter eseguire con successo anche solo la più semplice progressione lineare inducendo il sistema neuromuscolare ad un adattamento con conseguente miglioramento.

Saper fare panca infatti non significa avere 180kg di massimale, ma saper riprodurre un movimento efficace per un’infinità di volte mantenendolo invariato al variare del carico, una capacità condizionale ma soprattutto coordinativa. In questo modo si impara a reclutare i muscoli giusti con il corretto timing d’attivazione e il miglior coinvolgimento muscolare possibile, ottenendo così alla fine del programma un miglioramento vero e non un compenso fine a se stesso.

D’altra parte, con i manubri risulta essere estremamente più improbabile modulare un percorso d’allenamento simile mantenendo un gesto coerente e replicabile al variare del carico; tra una serie da 10 ripetizioni con 20kg per braccio e una da 4 con 50kg inevitabilmente il setup ne risentirà, l’impossibilità di avere un riferimento di fine allungamento andrà a variare la tensione muscolare generata ad ogni rep e via via una serie di conseguenze che renderanno la seduta sicuramente allenante di per sé, ma poco controllabile e quindi insufficientemente prevedibile in una programmazione.

Attenzione: non sto dicendo che i manubri siano da dimenticare, anzi, io stesso li utilizzo quotidianamente insieme a dips, croci e piegamenti con tutti i ragazzi e le ragazze che alleno sia nel Powerlifting che nella preparazione atletica per altre discipline, ma vengono appunto chiamati complementari poiché affiancati ad una panca correttamente impostata e ad una progressione ben definita contribuiscono al raggiungimento di una condizione atletica ricercata e meno casuale, una manna dal cielo soprattutto in un mondo come la preparazione atletica in cui le variabili sono davvero tante.

 

 

Qui sotto vi propongo un esempio di progressione in panca che ho utilizzato in passato su dei rugbisti durante 12 settimane di in-season:

  Giorno 1 (rigenerante) Giorno 2 (stressante) Giorno 3 (stimolante)
Week 1 Panca para

70% 3x6s

Panca F3 al petto

75%x2x5s

80% x1 85% x1

Panca stretta

65% 6x4s

Week 2 Panca para

75% 2x6s

Panca F3 al petto

75% 2x4s

80% x2 85% 1x2s

Panca stretta

70% 5x5s

Week 3 Panca para

70% 3x6s

Panca F3 al petto

75% 2x3s

80% x3 85% 1x3s

Panca stretta

75% 4x6s

Week 4 Panca para

65% 3x6s

Panca F3 al petto

75% 2x2s

80% x2 85% 1x4s

Panca stretta

80% 3x7s

Week 5 Panca D3S3

70% 3x6s

Panca F3 al petto

80% 2x5s

85% x1 90% x1

Panca Board

trova 5@8

Week 6 Panca D3S3

75% 2x6s

Panca F3 al petto

80% 2x4s

85% x2 poi 1@8

Panca Board

trova 4@8

Week 7 Panca D3S3

70% 3x6s

Panca F3 al petto

80% 2x3s

85% x3 90% x2

Panca Board

trova 3@8

Week 8 Panca D3S3

65% 3x6s

Panca F3 al petto

75% 2x2s

80% x2 poi 1@9

Panca Board

trova 2@8

Week 9 Panca 3 fermi

70% 3x6s

Panca F3 al petto

trova 5@8

Panca Board

trova 1@8

Week 10 Panca 3 fermi

75% 2x6s

Panca F3 al petto

trova 3@8

Panca Board

trova 2@8

Week 11 Panca 3 fermi

70% 3x6s

Panca F3 al petto

trova 1@8

Panca Board

trova 3@8

Week 12 Panca 3 fermi

65% 3x6s

Panca F3 al petto

trova 1@9

Panca Board

trova 4@8

 

Ad ogni seduta è stato integrato un lavoro di tirata orizzontale/verticale in super set con uno di spinta orizzontale/verticale caratterizzati entrambi da ripetizioni medio/alte.

 

Ne vale davvero la pena quindi?

 

Imparare a farla sicuramente sì. La scelta del quanto e come inserirla nei vostri allenamenti sta a voi, ma che sia appunto una scelta e non un ripiego. Personalmente la utilizzo tantissimo ritenendola uno strumento vantaggioso, dall’eccellente stimolo coordinativo e dai devastanti risultati in termini di forza. Richiede indubbiamente uno sforzo in più in fase di apprendimento ma è sempre meglio che accontentarsi e allenarsi a caso come nelle repliche di Beautiful.

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La ricerca della massima qualità nell’allenamento con i sovraccarichi: il “SALTO QUANTICO” nel NATURAL Bodybuilding moderno

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CASO STUDIO: Lucrezia Sonzini

1° Classificata Mondiali WNBF Los Angeles 2018 (Cat. Figure)

Assoluto Pro Figure WNBF Los Angeles 2018

 

L’obiettivo è stato quello di sfruttare al massimo questo periodo di OFF SEASON per far esplodere tutto il potenziale di Lucrezia (atleta già di spicco nel panorama del Natural Bodybuilding, con un palmares notevole, nonostante la giovane età di 25 anni.)

Buona lettura!

 

Articolo di Bruno Murra

Coach Barbarians Powerlifting Parma

Tecnico Accademia Italiana Forza

Preparatore atletico Rugby Colorno

Vincitore Coppa Italia junior equipped (-93kg) e Assoluto Juniores equipped

Laureando in Nutrizione.

 

 

IL SAPERSI ALLENARE

 

Con l’arrivo del METODO DISTRIBUITO, nel mondo dell’allenamento con i pesi si è fatto un salto in lungo epocale; è indiscutibilmente la logica secondo la quale si allenano tutti gli atleti al mondo, in tutte le discipline; è il vero, unico e realistico approccio all’allenamento con i sovraccarichi, soprattutto nell’atleta NATURAL.

MA PER IL NATURAL BB (e non solo…) NON BASTA SOLO QUESTO. Il “SAPERSI ALLENARE” è la chiave.

Ma cosa implica questo?

 

Applicare la tecnica nel concreto.

 

L’esecuzione nelle alzate viene spesso presa sotto gamba, ma è la variabile che massimizzerà i tuoi progressi. Dunque non limitarsi a muovere solamente i carichi, ma affinare ed allenare lo schema motorio.

Sento spesso ripetere quasi fino alla noia questo pensiero, ma poi…

 

VIENE MESSO IN PRATICA DAVVERO?

 

Vediamo qui cosa significa avere una replicabilità del gesto efficiente.

 

In una serie amrap, agli albori di questa ricerca di applicazione tecnica meticolosa, 10 reps di Squat all’ 80% che Lucrezia non aveva assolutamente nelle corde all’inizio del programma (circa 10 settimane prima).

 

L’attenzione nella cura del gesto nelle settimane le ha permesso di avere un condizionamento atletico e un rendimento di attivazione neuro-muscolare nettamente superiore tale da dissipare meno energia tra le reps ed avere un effetto prestativo altissimo e con ancora del margine…

 

L’ obbiettivo è quello di lavorare nella maniera più ottimale e sinergica possibile soprattutto negli angoli complessi.

 

BYPASSARE UNA PORZIONE DI MOVIMENTO SIGNIFICA BYPASSARE UNA PORZIONE DI ATTIVAZIONE MUSCOLARE.

USARE UN’ OTTIMA TECNICA RISPETTANDO GLI ANGOLI COMPLESSI MI ASSICURERÀ UNA MASSIMA ATTIVAZIONE E QUINDI IL CORPO RICEVERÀ DEGLI STIMOLI IPERTROFICI COME MAI NE HA AVUTI PRIMA.

 

Bypassare gli angoli complessi significa voler fare meno fatica, significa trovare escamotage per fare un ROM (range of motion) minore e quindi rendere l’alzata più “semplice” o banalmente si andranno a ricercare quei punti di attivazione dove si è più forti bypassando quelli più deboli e profondi dove sicuramente avremo delle carenze muscolari;

in un caso ancora più ricco di compensi potrebbe anche significare spostare il focus da un’alzata muscolare ad un’alzata “articolare” con dei rischi non da poco per la salute del soggetto.

 

Dunque, quale “impronta” di allenamento dobbiamo ricercare?

 

Bisogna allenarsi QUASI come se si dovesse affrontare una gara di sollevamento pesi, e dico QUASI perché non c’è l’estrema necessità di ricercare spesso l’altissima prestazione in un atleta di Bodybuilding, perché nel Bodybuilding il fine ultimo è un altro: quello estetico.

 

Bisogna prendere da quell’ambito forti spunti per poter migliorare, quella toccata e fuga a certe soglie di intensità, quel modo perfezionistico di lavorare sulla linea dell’alzata per costruire efficienza nel movimento, andrà a sbloccare alcune abilità che poi l’atleta porterà con sé nel suo bagaglio.

 

La costruzione di una schema motorio efficiente e solido risulterà complesso nel breve termine ed inizialmente i carichi saranno limitati proprio per far comprendere al meglio come il corpo si debba comportare, ma nel medio lungo termine tutto questo darà soddisfazioni, poiché avrete raggiunto un modo SOSTENIBILE di allenarvi.

 

Questo permetterà all’atleta di esprimersi al meglio anche nei lavori di alta soglia, ovvero a % alte.

 

Esempio di 3 alzate (Squat, Panca, Stacco) dove la replicabilità del gesto è rimasta intatta nonostante si trattasse di carichi (in quello specifico momento della programmazione) superiori al 95%.

 

Quello che conta davvero è sviluppare la capacità di attivazione del sistema nervoso centrale, perché questo avrà come conseguenza diretta la massimizzazione dello stimolo muscolare.

 

Ricapitolando, i guadagni ottenuti grazie alla minuziosa applicazione tecnica saranno:

    • maggior forza, quindi capacità di lavoro con carichi sempre più elevati;
    • miglior stimolo neurale, quindi un maggior reclutamento delle unità motorie e un’attivazione nettamente superiore;
    • aumentata propriocezione, sviluppo di abilità motorie che ci farà lavorare virtuosamente su angoli complessi;
    • conseguente ricomposizione corporea quando associata ad un piano alimentare appropriato

 

Ciò permetterà una programmazione più gestibile e più “parametrabile”, perché la riduzione dei feedback negativi dovuti agli errori tecnici garantiranno meno sitbacks, tecnici e muscolari, che vanno quasi sempre di pari passo

 

PROGRAMMAZIONE

 

Nel Natural BB usare un approccio troppo aggressivo o troppo leggero sulla programmazione potrebbe non portare ai risultati tanto sperati. Bisogna imparare a gestire variabili quali INTENSITÀ RELATIVA e INTENSITÀ ASSOLUTA.

Lavorare con BUFFER permetterà di accumulare meno fatica al SNC (ATTENZIONE! non zero fatica, semplicemente meno) e nel medio lungo termine aiuterà il soggetto ad esprimersi con un po’ più di “freschezza” e lucidità durante i suoi allenamenti. Questo lo aiuterà a non “bruciarsi” prematuramente e migliorare sempre di più la sua skill, costruendo mattone dopo mattone quella abilità tecnica che lo porterà ad esprimersi al 100% (come capacità di attivazione neuromuscolare.)

In OFF SEASON uno degli obbiettivi primari è lo sviluppo della schema motorio.

Costruire delle alzate multiarticolari solide vi permetterà, poi, in fase di preparazione di una gara agonistica (IN SEASON) di avere maggiore focus su altri aspetti più specifici, questo perchè:

    • perché ormai tutto quel lavoro che l’atleta avrà fatto prima, di riflesso se lo ritroverà IN SEASON
    • perché ormai il fuoco sarà acceso, basterà solo continuare ad alimentarlo.

 

Entrando più nello specifico, Lucrezia nell’ultimo ciclo di allenamento (13 settimane) ha svolto una programmazione che attinge molto dall’ambito performance, perché, come vedrete dai risultati ottenuti, performance e ipertrofia sono un binomio vincente.

Nelle prime 8 settimane (fase estensiva e fase intensiva) dell’ultima programmazione ha svolto:

 

Qui vi propongo invece le ultime 4 settimane (il blocco “taper”) dell’ultima programmazione svolta da Lucrezia.

 

La fase di tapering è cruciale anche e soprattutto in una programmazione di un Natural BB poiché bisognerà andare a consolidare la maggior qualità di movimento ad alte % e il BUFFER vi aiuterà tantissimo.

Come potrete notare l’intensità media settimanale risulta parecchio elevata in questa programmazione, ma l’intensità relativa non lo è stata così tanto.

 

Badate bene, le prime 8 settimane hanno dato dei guadagni così netti tali da giustificare un approccio particolarmente audace calcolando le percentuali di allenamento su un obiettivo realistico da poter raggiungere, e mantenendo così alla fine quel lavoro di BUFFER (soprattutto in una fase di rifinitura) di cui parlavamo prima.

 

PUNTI CHIAVE:

  • Focus principale: controllo, “tenuta” e timing omogeneo del gesto motorio, soprattutto sugli angoli più complessi, di qualsiasi esercizio.
  • Complementari RPE @8-9 (Settimana 9-11) RPE @7-8 (Settimana 12)
  • Cadenza complementari (2-1-1-0)
  • Tempo di recupero per i complementari: metodica EMOM o 1’ pausa a seconda del TUT.

 

Settimana 9

 

Giorno 1 (Lunedì)

      1. Squat 85% 4 90% 3 95% 2 (x2 onde) + 85% 2 90% 1 95% 1
      2. Panca 72% 4 80% 3 84% 2 88% 2x6s
      3. Spinte manubri seduta su panca isocinetica 5” 5x5s
      4. V – push up 5x5s
      5. Push down 8x3s
      6. French press manubri isocinetico 3” 5x5s
      7. Hollow position 5’

 

Giorno 2 (Martedì)

      1. Panca 3 fermi in discesa 75% 3x8s
      2. Stacco fermo 2” sotto al ginocchio 87% EMOM 12
      3. Trazioni prone zavorrate 3x8s
      4. Pendlay row pesante 5x5s
      5. Bicipiti ai cavi 8x3s
      6. Bicipiti manubri panca inclinata isocinetico 3” 5x5s
      7. Polpacci in piedi isocinetica 3” + isometrica 2” 10x6s

Giorno 3 (Giovedì)

      1. Squat isocinetico 3” 80% 3x6s
      2. Panca isocinetica 3” mav4@9 + 100% mav 3x5s
      3. Military press mav4@9 + 90% 4x2s + 80% 5
      4. Alzate laterali 8x3s
      5. Dips su panche 8x3s
      6. Tricipiti Kickback manubri isocinetico 3” 5x5s
      7. Crunch a terra con sovraccarico al petto 15x4s

Giorno 4 (Venerdì)

      1. Stacco 89% 2x5s
      2. Panca stretta mav3 salti piccoli (ultimi da 2,5 kg)
      3. Squat fermo in buca 60% 4x4s
      4. Trazioni supine zavorrate 3x8s
      5. Rematore manubri 12 10 8 6 4
      6. Bicipiti manubri panca inclinata 8x3s
      7. Bicipiti ai cavi isocinetico 3” 5x5s
      8. Polpacci da seduta in tensione continua 30x2s

 

Settimana 10

 

Giorno 1

      1. Squat 95% 2x4s + 85% 4
      2. Panca 72% 4 80% 3 84% 2 88% 2 92% 1x4s
      3. Spinte manubri seduta su panca isocinetica 5” 5x5s
      4. V – push up 5x5s
      5. Push down 8x3s
      6. French press manubri isocinetico 3” 5x5s
      7. Hollow position 5’

Giorno 2

      1. Panca 3 fermi in discesa 80% 2x10s
      2. Stacco fermo 2” sotto il ginocchio 92% EMOM 8
      3. Trazioni prone zavorrate 3x8s
      4. Pendlay row pesante 5x5s
      5. Bicipiti ai cavi 8x3s
      6. Bicipiti manubri panca inclinata isocinetico 3” 5x5s
      7. Polpacci in piedi isocinetica 3” + isometrica 2” 10x6s

Giorno 3

      1. Squat isocinetico 3″ 80% 4x5s
      2. Panca isocinetica 3” mav3 + 90% mav 3x5s
      3. Military press mav3@9+ 90% mav 4x4s
      4. Alzate laterali 8x3s
      5. Dips su panche 8x3s
      6. Tricipiti Kickback manubri isocinetico 3” 5x5s
      7. Crunch a terra con sovraccarico al petto 15x4s

Giorno 4

      1. Stacco 96% 1x6s
      2. Panca stretta mav3 salti piccoli (ultimi da 2,5 kg)
      3. Squat fermo in buca 62% 4x4s
      4. Trazioni supine zavorrate 3x8s
      5. Rematore manubri 12 10 8 6 4
      6. Bicipiti manubri panca inclinata 8x3s
      7. Bicipiti ai cavi isocinetico 3” 5x5s
      8. Polpacci da seduta in tensione continua 30x2s

Settimana 11

 

Giorno 1

      1. Squat 85% 3x6s
      2. Panca 72% 4 80% 3 84% 2 88% 2 92% 2x2s
      3. Spinte manubri seduta su panca isocinetica 5” 5x5s
      4. V – push up 5x5s
      5. Push down 8x3s
      6. French press manubri isocinetico 3” 5x5s
      7. Hollow position 5’

Giorno 2

      1. Panca 3 fermi discesa 80% 3x6s
      2. Stacco fermo in incastro 4” mav1 facile
      3. Trazioni prone zavorrate 3x8s
      4. Pendlay row pesante 5x5s
      5. Bicipiti ai cavi 8x3s
      6. Bicipiti manubri panca inclinata isocinetico 3” 5x5s
      7. Polpacci in piedi isocinetica 3” + isometrica 2” 10x6s

Giorno 3

      1. Squat isocinetico 3″ 85% 2x8s
      2. Panca isocinetica 3” mav2 + 90% mav 2x6s
      3. Military press mav2@9 + 90% mav 3x5s
      4. Alzate laterali 8x3s
      5. Dips su panche 8x3s
      6. Tricipiti Kickback manubri isocinetico 3” 5x5s
      7. Crunch a terra con sovraccarico al petto 15x4s

Giorno 4

      1. Stacco 87% 2x4s
      2. Panca stretta mav3 salti piccoli (ultimi da 2,5 kg)
      3. Squat fermo in buca 65% 4x4s
      4. Trazioni supine zavorrate 3x8s
      5. Rematore manubri 12 10 8 6 4
      6. Bicipiti manubri panca inclinata 8x3s
      7. Bicipiti ai cavi isocinetico 3” 5x5s
      8. Polpacci da seduta in tensione continua 30x2s

Settimana 12

 

Giorno 1

      1. Squat 80% 3x5s
      2. Panca fermo 3″ 89% 8 singole
      3. Spinte manubri seduta su panca isocinetica 5” 5x5s
      4. V – push up 5x5s
      5. Push down 8x3s
      6. French press manubri isocinetico 3” 5x5s
      7. Hollow position 5’

Giorno 2

      1. Panca 3 fermi in discesa 84/88% 10 singole
      2. Stacco salita lenta 5” mav1 facilissimo
      3. Trazioni prone zavorrate 3x8s
      4. Pendlay row pesante 5x5s
      5. Bicipiti ai cavi 8x3s
      6. Bicipiti manubri panca inclinata isocinetico 3” 5x5s
      7. Polpacci in piedi isocinetica 3” + isometrica 2” 10x6s

Giorno 3

      1. Squat isocinetico 3″ 90% 8 singole
      2. Panca isocinetica mav1 + 85% mav 2x6s
      3. Military press mav1@9 + 85% mav 2x6s
      4. Alzate laterali 8x3s
      5. Dips su panche 8x3s
      6. Tricipiti Kickback manubri isocinetico 3” 5x5s
      7. Crunch a terra con sovraccarico al petto 15x4s

Giorno 4

      1. Stacco 82,5% 2x4s
      2. Panca stretta mav3 salti piccoli (ultimi da 2,5 kg)
      3. Squat fermo in buca 67% 4x4s
      4. Trazioni supine zavorrate 3x8s
      5. Rematore manubri 12 10 8 6 4
      6. Bicipiti manubri panca inclinata 8x3s
      7. Bicipiti ai cavi isocinetico 3” 5x5s
      8. Polpacci da seduta in tensione continua 30x2s

Settimana 13

Giorno1

      1. Stacco 80% 1x4s
      2. Panca 75% 4x4s

Giorno 2

      1. Squat 75% 3x3s
      2. Panca 80% 2x5s

TEST 1 RM (SQUAT, PANCA, STACCO)

 

RISULTATI

 

L’ accuratezza e la costanza con cui Lucrezia si è allenata le hanno permesso di raffinare tantissimo le sue abilità, di aver avuto un incremento di circa 80kg sul totale delle 3 alzate (Squat, Panca, Stacco) negli ultimi 9 mesi; che per una donna, che ha mantenuto in maniera molto costante il suo peso nel tempo, che non si allena principalmente per la performance, sono veramente tanti! In più, una ricomposizione corporea notevole e un incremento di volumi muscolari esorbitante.

La ricerca della massima qualità nell’allenamento con i sovraccarichi è quindi “IL FATTORE” che ti porterà al livello successivo… il tuo potenziale letteralmente esploderà!

 

FEBBRAIO 2020                                                       DICEMBRE 2020

BW: 60 kg                                                                  BW: 62 kg

KCAL: 1900                                                               KCAL: 2200

 

FEBBRAIO 2020                                                         DICEMBRE 2020

BW: 60 kg                                                                    BW: 62 kg

KCAL: 1900                                                                 KCAL: 2200

 

caso studio svolto in collaborazione con il team di Lucrezia: Natural Peaking (di Annalisa Ghirotti) che in questo specifico periodo ha curato l’aspetto nutrizionale e cura le preparazioni agonistiche dell’atleta.

 

 

APPLICATEVI DAVVERO !!!

Ne varrà la pena!

 

Buon allenamento a tutti!

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RUNNING E ALLENAMENTO COI PESI

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Di Ado Gruzza.
Presidente Accademia Italiana della Forza.
Vicepresidente Federazione Italiana Powerlifting FIPL.
Vicepresidente WNBFitaly e anche qualcos’altro che adesso dimentico.

 

Inizi a correre. Per i motivi più disparati: chi per dimagrire, chi perché il cardio è importante, chi perché il medico gli ha detto che fa bene alla pressione, chi perché non ha mai smesso di farlo.

Quando inizi a correre ti accorgi di una cosa. Ti accorgi di una cosa soprattutto se vieni dal mondo della palestra: quanta cavolo di gente corre?

I runner sono una maggioranza schiacciante su chi si appende alla sbarra della lat machine per fare qualche serie da dieci. Venendo dalla bolla social delle palestre e peggio, dalla bolla di ultra nicchia che è quella del Powerlifting e della Forza, ti sembra che quasi nessuno corra. Invece, corrono in tanti, tantissimi, una moltitudine. Di tutti i tipi e di tutti i livelli.

 

 

CREDENZE

 

Nel mondo dei pesi da cui provengo vivono vive e vegete delle leggende metropolitane sulla corsa:

  • Fa perdere massa muscolare. Questa non muore mai.
  • Correre fa malissimo, così in generale. Tipo bestemmiare in chiesa.
  • Correre invecchia, radicali liberi che spuntano un po’ come spuntava, secondo gli ‘scienziati’, il cortisolo dopo 45 minuti di pesi. Un po’ come ‘c’era’ il picco di GH ad allenarsi alle 5 del mattino. Uguale, stesso picco, stesso cervello.
  • Correre infortuna. Anche il tuo vicino di casa che ti guarda.

 

Ecco, l’affermazione che il mondo delle palestre sia pieno di idioti, credo, non offenda nessuno.

Se non idioti, certo praticoni scarsi, ingenui, lettori acritici di ricerche scientifiche, soggetti totalmente assenti di fantasia ed astrazione. Detto così è più fine ma più o meno è la stessa cosa.

Correre, in verità, è una questione di indole.

Una questione di personalità e di stimoli. Certo, nel contesto giusto, correre è bellissimo, incredibilmente gratificante. Incredibilmente stimolante, tanto per dire, per chi ha attività lavorative in cui serve avere un cervello pronto, prontissimo. Non è un caso che tanti manager o soggetti con mestieri di ingegno e responsabilità, corrano.

 

 

Non è un caso che a 18 anni non mi sarebbe nemmeno passato per il cervello di svegliarmi alle 5 e 50 del mattino per andare a correre con 4 gradi sotto zero. Mi sarebbe sembrata una gran stronzata anche con 20 gradi per la verità.

Adesso lo adoro, ed ho cominciato più o meno a 38 anni. C’è una componente quasi ‘meditativa’ in questa attività. Così come (in maniera molto differente) c’è nel fare pesi ad un certo livello.

  • Correre, nel contesto giusto, non fa perdere massa muscolare, anzi, può pure aiutarvi, nel contesto giusto, a migliorare anche su quel versante.
  • Correre fa benissimo a livello di salute in generale. Non mi dilungo perché trovare i riferimenti a questo è facile.
  • Correre non invecchia, a meno che non sia fatto in maniera compulsiva. In quel caso anche i nostri amati pesi invecchiano. Anche giocare a scacchi invecchia, anche non fare una sega, invecchia.
  • Correre ha una fonte di rischio così come ogni attività, più si spinge senza fare il giusto prehab più si rischia, più si spinge senza avere le caratteristiche genetiche giuste e più si possono incontrare piccoli o meno infortuni. Come tutti gli sport, chi più chi meno.

 

Anche fare lo Stacco da terra che vi vedo fare nelle palestre infortuna, credetemi. O ci mettete pesi da pece e piume (per la vergogna) oppure si rischia pure lì e pure di più.

 

COSA MANCA AL RUNNER MEDIO

 

Una cosa che si dice poco, o niente, che invece manca a chi fa running mi nasce dall’osservazione.

Lasciamo per un attimo stare gli agonisti che hanno tempi importanti.

Guardate la gente che corre la domenica al parco. Soprattutto passato il decennio dei venti, vedi gente che magari mantiene un buon ritmo (per i propri livelli e aspettative) spesso a scapito della dinamica muscolare: il passo diventa sempre più strascicato e poco forte, le strutture fisiche si adattano a quel passo e di fatto, sia sopra che sotto, beh, si vede che manca, quello che la Signora Maria chiama tonicità.

Il muscolo si addormenta, si adatta ad una attività ricorrente e perder stimolo.

Il corpo impara ad essere il più efficiente possibile quindi a consumare di meno quindi ad usare poco tessuto muscolare. I pochi cambi di ritmo sono limitati dal livello (se non corri in 3 e rotti più di tanto non puoi cambiare) e il basso peso corporeo in questo caso (paradossalmente) non aiuta. Non tutti posso correre in salita o farlo stabilmente e la frittata è fatta.

Tenete presente che il muscolo si accende tanto più quanto è in grado (ed abituato) ad attivarsi. Un muscolo capace di spingere e tirare oggetti pesanti ad un certo gradiente è un muscolo che saprà farlo sempre. Per questo è importante mantenere un certo lavoro di Forza.  

 

 

Sono certo che chi fa running, passato il decennio dei venti (e pure prima) non possa esimersi dal fare un po’ di Allenamento della Forza. Fatto con del criterio.

Lo dico perché io faccio ad oggi più running che pesi. Se potessi scegliere, vista la mia attività quotidiana correrei 3 volte a settimana e basta. All’alba e poche minchiate. Il problema è che non basta. Me ne accorgo tanto più perché sono un esperto di allenamento della Forza ed ho sensibilità che altri non hanno. Sensibilità che sicuramente non ho neanche per sogno nella corsa. A livello amatoriale, non basta.

Attenzione, penso pure che chi fa pesi, soprattutto passato il decennio dei venti, abbia molto da guadagnare dal running. Sia praticamente indispensabile.

Anchi qui lascio da parte gli agonisti, perché raggiungono un livello di intensità tale nell’allenamento, una capacità di lavoro tale in cui un certo qual livello di cardio si stimola in ogni caso. Non so e non voglio entrare nel discorso cardiaco più ‘medico’ e mi accontento di parlare di condizionamento. Certo un po’ di cardio blando fa sicuramente bene a tutti. Così come credo che anche al maratoneta olimpico un po’ di lavoro di Forza serva però non è il merito di questo articolo.

 

Cosa si vede spesso fare?

 

Molti runner, oggigiorno, hanno colto questa mia tesi. Se non altro per motivi estetici (il muscolo è più figo del non muscolo) però poi finiscono a fare un paio di sere a settimana a passare da una macchinetta all’altra di un Centro Fitness commerciale, usando sovraccarichi infantili, buttando via tempo e soldi. Che poi è praticamente la stessa cosa.

Altri più colti leggono santoni che consigliano lavori di Forza ‘speciale’ con elastici o usando mezzi di disequilibrio: seeeeehhhh BUONANOTTE SOGNATORI. Quelle sono fantasie e neanche tanto bagnate.

Vedete la fatica che fate nel correre? Bene, secondo voi la Forza si può fare con mezzi così poco faticosi?

Servono PESI VERI, tangibili, che devono diventare via via più pesanti.

Però vanno fatti da Dio, con una tecnica ancora più impeccabile di quella che cercate correndo, se possibile.

 

Cosa serve a chi fa running?

 

Volendo generalizzare al massimo su una moltitudine di persone, posso semplificare che al runner serva:

  • Allenamento minimale. Pochi esercizi, massimo 5 contando l’allenamento del core.
  • Utilizzare esercizi non filosofici. Il più possibile in cui lo scopo sia chiaro. Ho un bilanciere per terra e lo devo sollevare. Ho un peso in mano e lo devo portare sopra la testa. Pesi: ferro freddo, corpo caldo. Gli elastici dopo, quando siete già bravini se vorrete aggiungere qualcosa.
  • Da due a tre sedute settimanali. Se correte sul serio, basteranno. Se fate due giretti del parco, non corrette sul serio, allora almeno fate pesi seriamente. Allora minimo tre.
  • Almeno 80% di esercizi multiarticolari sul totale.
  • Lavorare sulla precisione della linea di spinta.
  • Medio basse ripetizioni e serie multiple. Non cadete nell’errore di pensare (come ohmioDDDio fanno alcuni preparatori atletici) che essendo la resistenza l’obiettivo di questi atleti, anche i pesi vadano fatti ad alte ripetizioni. Per l’amor del cielo, no. Il ragionamento è l’esatto opposto ed è così banale che non ho voglia di farlo. Fidatevi o fatevi un 25 x 3 serie e salutate con la mano quelli che migliorano.
  • Il volume di ripetizioni totali per esercizio dipende dalla fase di periodizzazione. Certo generalizzando state tra le 8 e le 25 ripetizioni, preferendo (vi sembrerà assurdo se avete letto qualcosa sull’allenamento coi pesi) la parte bassa di questo delta. Direi che attorno alle 10 ripetizioni totali stia l’ideale del vostro programma coi fondamentali. Fare 2 x 5 serie, 3 x 4 serie, o semplici ladder sarà un ottimo compromesso per imparare a tirare fuori il meglio da questi fondamentali senza cercare cose strane.
  • Aggiungete nel caso una serie detta di back off a fine seduta, con poco meno peso e che vi porti a dalle 5 alle 10 ripetizioni, quasi a voler portare sangue ai tessuti. Non strafate qua, l’allenamento che imporrà al vostro cervello di migliorare la massa muscolare è quello prima.
  • PUNTATE AL CARICO, non alla fatica percepita dell’istante. Di fatica ne fate già abbastanza quando correte. A voi serve LINEA e CARICO sul bilanciere. Per ottenerlo serve pazienza tecnica e voglia di imprimere energia su un oggetto. Che è quello che vi manca.
  • Dovete diventare più forti con una tecnica di esecuziona buona. FINE. Il resto conta come una passeggiata al parco.

 

CHE ESERCIZI?

 

Lo Stacco da terra fatto in piena tecnicità, lavorando sul tempo di applicazione della Forza, sulla gestione degli angoli e dell’idea dell’alzata sarebbe un esercizio ideale per il runner amatore. Catena cinetica posteriore, core, presa, poi un lavoro di Forza sulla parte bassa senza alcune complicazioni che ha lo Squat.

Impara lo Stacco da terra e innamoratene.

Forza generale e stimolo neurale. Colmi un gap importante.

 

 

Un bel po’ di materiale fatto da me o da nostri tecnici:

https://www.youtube.com/watch?v=sPzptmIGzIw

https://www.youtube.com/watch?v=LSbtyeETw4Q

https://www.youtube.com/watch?v=0lzEWlFW1sw

https://www.youtube.com/watch?v=Upk0hRL3bUU

 

Panca piana è il motore della muscolazione della parte alta. Però va fatta bene altrimenti è poco più che un esercizio come un altro. Allora accompagnamola con distensione sulle parallele o per chi ancora non ha quel livello di forza i piegamenti (dette anche flessioni, improprio ma più virile) con i piedi leggermente rialzati.

https://www.youtube.com/watch?v=SKLoJQrdPYc

https://www.youtube.com/watch?v=XfErdQUmb1A&t=2s

https://www.youtube.com/watch?v=tNC8yI5wo4M

Un po’ avanzato ma fantastico.

https://www.youtube.com/watch?v=4VfFrkcVglA

 

 

Imparare anche distendere sopra la testa un bilanciere, sia in push press che in distensione lenta è molto importante.

https://www.youtube.com/watch?v=8yVU8Oe_WlA

Rematore in piedi, tendendo gli angoli di lavoro corretti è già un ottimo esercizio dalla testa ai piedi. Se complicato iniziare con rematore con manubri e per chi ne ha possibilità un bel pulley pesante. Per chi può il Seal row è un’ottima alternativa.

https://www.youtube.com/watch?v=SbBayD1xSDM&t=164s

Trazioni solo a presa neutra o con anelli e solo per chi ha già la facoltà di fare qualche ripetizione in maniera decente. Preferite, nel dubbio, la trazione orizzontale a quella verticale.

 

PROGRAMMAZIONE

 

Tre sedute minimali possono assomigliare a queste.

 

SEDUTA A:

  1. Stacco da terra fermo 3 secondi in posizione di incastro e salita lenta nei primi cm 3 x 4 serie, togli 10% del carico totale 8 x 1 serie

Cercate il peso attraverso una operazione di ramping. Il carico cioè sale fino ad livello in cui le tre ripetizioni saranno pesanti si ma in cui riuscirete ancora a mantenere due fattori: il primo una certa fluidità e il secondo, la capacità di riuscire a mantenere i tempi di esecuzione corretti. Quando il carico è troppo elevato si tende ad accelerare bruscamente in alcuni punti per poi rallentare in altri. Questo porta il peso sulle articolazioni e meno sui muscoli ed è molto negativo.

  1. Panca piana discesa in 4 secondi, fermo al petto 2 secondi 3 x 5 serie

Stesso procedimento di ramping. Super attenzione al petto alto, ad una traiettoria rettilinea e al rispetto dei tempi. Tempi rispettati mezzo risultato già ottenuto.

  1. Parallele o piegamenti 8_6 x 4 serie
  2. Rematore con bilanciere, partendo dalle ginocchia, verso l’ombelico 5,4,3,5,4,3, totale 24 ripetizioni.
  3. Addominali plank e hollow 5 serie

 

SEDUTA B:

  1. Squat bulgaro ad una gamba con manubri 10 x 3 serie
  2. Stacco da terra salita in 5 secondi fino a sotto il ginocchio, fermo 1 secondi e chiusura fluida 2 x 5 serie
  3. Distensioni in piedi con bilancere 3 x 4 serie, togli il 10% 8 x 1 serie
  4. Trazioni agli anelli 4 x 4 serie
  5. Rematore con manubri 6 x 4 serie

 

SEDUTA C:

  1. Panca piana discesa in 4 secondi, fermo 2 secondi 5,4,3,2,2,1, carichi crescenti.
  2. Rematore bilancere 4 x 4 serie
  3. Affondi laterali con peso in mano 6 x 2 serie
  4. Affondi indietro con peso in mano 6 x 2 serie
  5. Core training.

 

Aggiungente un paio di sedute di Forza alla settimana e vi sentirete da Dio.

Forza, non palestra, quella la fate per fare conoscenze, rilassarvi tra una lat machine e un croci ai cavi, non per migliorare. Per migliorare dovete fare allenamento della Forza.

Sapete dove e come contattarci.

Se interessati alla nostra Corsistica fate alla svelta perché vanno sold out molto velocemente.

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Big Horn. Un metodo, anzi due, per migliorare in modo spettacolare la Forza sugli avanzati.

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Di Ado Gruzza.
Presidente Accademia Italiana della Forza.
Vicepresidente Federazione Italiana Powerlifting FIPL.
Vicepresidente WNBFitaly e anche qualcos’altro che adesso dimentico.

 

A chi è rivolto questo articolo?

 

Penso ad appassionati che godono letteralmente quando viene il loro momento, spesso la sera dopo il lavoro, o (ai più fortunati) dopo lo studio, di prendere in mano il bilanciere e iniziare la sessione di allenamento. Appassionati che non siano per forza gente con tre tonnellate di Stacco da terra o record nel Powerlifting.

Penso a persone che hanno capito che la Forza li fa essere migliori e ci stanno lavorando su!

Penso a soggetti che potremmo definire avanzati, non per forza per i carichi, ma perché hanno superato quella fase iniziale di approccio ai fondamentali. Gente che le cose generiche le conosce già: fondamentali, buffer, organizzazione del lavoro.

Metterei anche la tecnica tra queste “ovvietà”, se non fosse che una buona tecnica sui fondamentali è il sacro graal di ogni powerbuilder ed è abbastanza rara.

Dove hai buona tecnica hai anche ottima risposta ipertrofica. Perché?

Dove hai buona tecnica hai anche ore e ore di lavoro spese sulla ‘sostanza’ delle cose, a fare quello che conta. Ore che vi hanno ‘regalato’ questa risposta ipertrofica figlia di una migliore capacità di attivazione.

Però non andiamo sul difficile, per ora, e torniamo al tema:

Stare meglio con voi stessi, avere un fisico anche esteticamente migliore, migliorare le performance nel proprio sport (spesso a discapito del preparatore, purtroppo) o semplicemente aver scoperto che l’Allenamento della Forza è vostro proprio hobby preferito e che vi fa stare meglio. A qualunque età.

Penso a chi è rivolto questo articolo e penso a quanto sarebbe gratificante per chi lo legge poter fare una seduta dal vivo con me e provare questa tecnica (anzi queste due tecniche) chiamata BIG HORN.

 

IL METODO

 

Il Big Horn è u metodo che gira da qualche annetto, nota più ai tecnici e atleti che al grande pubblico. Credetemi che di solito, per i programmi famosi, avviene l’esatto contrario. Li fanno più gli amatori coi guantini che i campioni.

 

Big Horn.

 

Non un vero e proprio programma quanto più un metodo di lavoro, che è intelligente applicare ad un programma. Ha così tante sfumature, stimoli intellettivi e possibili applicazioni che sarebbe sensatissimo farci un workshop intero sopra.

Abbiamo già accennato due volte come il Big Horn abbia due forme o due versioni.

  • La prima è quella basata sull’Intensità, l’originale. Big Horn1.
  • La seconda che chiameremo Big Horn2 è quella basata sull’Intensità Relativa Teorica. In pratica sulle ripetizioni.

 

 

BIG HORN 1

 

Il Big Horn1 si basa interamente sulla ricerca di massimizzare l’Intensità (il Carico) in maniera vincente.

 

Prima serie:

Il peso sul bilanciere (e non le ripetizioni in questo caso) sarà elevato. Cercate un 1MAV, praticamente si sale col peso cercando la miglior alzata singola (una ripetizione) pesante ma non massimale. Un ramping 1@8/9, fluida ma impegnativa. Scrivetelo come vi pare ma se non capite questo concetto al volo c’è da tornare al punto precedente e lavorare di base sui fondamentali. Chiunque abbia fatto i giusti mesi di lavoro con i fondamentali capisce questo concetto.

 

Serie due, tre e quattro:

L’intensità si abbassa e si faranno più ripetizioni. Quanto si abbassa il peso? Quante ripetizioni si fanno?

Se tratto i miei lettori come degli idioti (nel mondo delle palestre potrebbe essere un azzardo vincente) dico di calare il peso della singola del 15% e fare tre serie a scalare una da 6, una da 5 e una da 4 ripetizioni.

Se non vi tratto come idioti vi devo dire che quella sopra proposta è una scelta intrigante però si possono prendere strade anche piuttosto differenti.

Dipende da:

  • fase della periodizzazione in cui si è;
  • dal livello dell’atleta;
  • dai suoi difetti e pregi;
  • dall’esercizio. Lo Squat si comporta molto diversamente dalla Panca piana, ad esempio.

 

L’importante è sapere che dobbiamo cercare una fatica metabolica e qualità del gesto in queste serie. Quanto l’asticella è spostata sulla fatica metabolica (simil pompaggio per intenderci) e quanto sulla qualità dipende proprio dai fattori sopra elencati.

Sulla Panca piana conviene scalare poco peso e mantenere il back off a non oltre 3 ripetizioni? Spesso si.

 

Nello Squat può essere interessante abbassare magari di più e stare tra le 6_7 e le 4 ripetizioni cercando ritmo e fatica? Spesso si.

 

Vicino ad una competizione indipendentemente dall’alzata toglieremo poco peso e faremo stabilizzazione a basse ripetizioni e a carichi alti per specializzare al massimo? Molto probabile anche se non obbligatorio.

 

Lontano dal test cercheremo più sensazioni di pompaggio e fatica, se mi passate il termine? Probabile.

Questo metodo prende direttamente spunto dal method ondulatoire di Emmanuel Legeard in cui a tre serie tra il 92,5 e il 90% sono seguite tre serie al 80% con ripetizioni a scalare, conclusa con una o più serie al 95 percento.

L’evoluzione del Big Horn è più specifica verso la serie singola ed è pensata in modo che funzioni anche su gente che ha massimali più alti:

Troviamo una singola importante. Quello che possiamo chiamare un 1MAV.

Successivamente scaliamo in carico. Come detto. Poi?

 

Quinta serie:

Cercate di rifare una (o più di una, massimo tre) alzata singola con carichi pesanti, cercando sensazioni analoghe alla prima serie. Non cercate a tutti i costi di battere o pareggiare il risultato fatto ad inizio allenamento.

Alcuni atleti ‘da stanchi’ performano anche di più.

Altri, la maggioranza, stanno a qualche chilogrammo sotto. L’importante qua è cercare solo la giusta sensazione e una buona fluidità di spinta.

Non dimenticate la cosa più importante. Queste ultime singole pesanti saranno fatte in pieno affaticamento. Questa scelta inusuale vedrete che vi darà sensazioni sul muscolo davvero interessanti e vi troverete di settimana in settimana a sentire i carichi sempre più facili.

Lavorerete a carichi alti non solo dopo aver fatto carichi alti ma dopo aver fatto ANCHE lavoro di fatica metabolico.

Una seduta potrebbe assomigliare a questa:

200 kg 1, 165 kg 6,5,5,4, 185 kg 1, 195 kg 1, totale 22 ripetizioni.

 

 

BIG HORN2

 

Alla base c’è l’idea sovietica del ladder, però portato ad una concezione differente e se vogliamo più evoluta.

Si fanno 6 serie con un carico. Il carico è fisso e predeterminato. Una % del 1RM.
Una % che permetta di fare ripetizioni però che sia anche di deciso impatto sul sistema. Quindi carichi tra l’80 e l’89% del vostro 1RM. Ovviamente se usate il Big Horn con 78% non venite arrestati, mentre oltre il 90% a meno che non siate decisamente migliorati è meglio usare la versione Big Horn1 che vedremo in seguito.

Queste 6 serie avranno la stessa Intensità ma diversa Intensità Relativa Teorica IRT. Tradotto, cambia il numero di ripetizioni con lo stesso peso.

https://accademiaitalianaforza.it/intensita-relativa-il-punto-dellallenamento-coi-pesi/

Prima serie:

Mi spingo sino a molto vicino al limite. Anzi, direi al limite. Parlando a RPE diremmo almeno a @9 di fatica su scala da 1 a 10. Non prendete, però, questo numero per oro colato perché ha un sacco di limiti concettuali. Il più evidente risponde a questa domanda:

Al limite si, però quale limite?

Il limite entro il quale non rompo la postura per completare le ripetizioni. Dovete essere ad un livello in cui riuscite a dare tutto mantenendo uno schema motorio coerente praticamente fino al limite. Se non siete a questo livello?
Ci dovete lavorare, però tanto e tanto e tanto e avrete enormi risultati, più della miglior scheda e del miglior esercizio al mondo. Dovete lavorare quindi a cedimento tecnico MAT o tutte quelle balle lì? Non proprio, dovete essere in grado di gestire la postura tecnica a carichi alti e ad alti livelli di fatica. Se non lo sapete fare, questo programma non è la cosa giusta la momento giusto per voi e tutto ciò che non è condizionamento tecnico e sviluppo di un automatismo è una perdita di tempo e massa. Avete presente tempo e denaro? Ecco qua è tempo e massa muscolare.

Accontentiamoci, quindi, del fatto che in questa serie si spinge molto vicino al limite. Anzi, direi al limite.

 

 

La seconda, terza e quarta, quinta serie:

Queste serie saranno tutte fatte in soglia. Con margine, con un numero fisso di ripetizioni, in quella che definiamo ‘zona Rodionov’ cioè all’incirca alla metà delle ripetizioni possibili da fresco. Basse ripetizioni, cercando controllo ed esplosività.

 

Sesta serie:

Assomiglierà molto alla prima per impegno, però con una differenza totale:

la farete NON SOLO da stanchi a causa della fatica delle serie precedenti, ma anche e soprattutto con il condizionamento neurale del lavoro tecnico fatto prima, con quel imprinting addosso.

Con tutte le sensazioni positive cercate nelle tre o quattro serie ‘tecniche’ in cui l’IRT era più bassa.

Dovrete ancora andare a cercare la massima adrenalina per fare una serie senza pensare a nulla se non a spingere, però il corpo avrà degli strumenti in più malgrado la fatica. Una sensazione, per chi è appassionato di allenamento davvero interessante.

Ecco come potrebbe sembrare una seduta di Big Horn2:

150 kg 7,3,3,3,3,6, totale 25 ripetizioni totali.

Stresso, Stabilizzo, Stresso:

 

La prima serie metto sotto stress sia il sistema in generale che l’alzata.

Questa cosa ha dei pro e dei contro. I pro sono banalmente che cerco stimoli in grado di rompere l’omeostasi. Cerco di spingermi vicino al limite e oltre cercando di alzare l’asticella delle mie potenzialità.

I contro sono quelli che molti di voi lettori sono ben consci: portare alzate che hanno una grande complessità sempre al limite ha degli effetti collaterali che nel medio periodo possono far stallare la crescita. Per questo si parla sempre di tecnica e buffer sui fondamentali.

Quindi, nella prima serie STRESSO.

Nella seconda, terza, quarta e volendo quinta serie al contrario STABILIZZO. Lavoro a buffer, cerco di esaltare controllo e sensazioni. Lavoro sulla tecnica e lo faccio dopo aver avuto la butta adrenalinica e metabolica della prima serie.

L’ultima serie vado a raccogliere la mia capacità di spingere però da stanco. Una cosa che succede anche nel programma 496 per chi è più attento.

https://accademiaitalianaforza.it/496-squat-program/

Questo è a dir poco interessante.

 

Come collocare i metodi Big Horn nella programmazione?

 

Il Big Horn2 si colloca perfettamente in un contesto di Programmazione a Dente di Sega.

https://www.facebook.com/AccademiaItalianaForza/videos/555348012021015/

 

 

Quindi la prima settimana utilizziamo una Intensità Relativa Teorica (IRT) moderata. Nella seconda settimana, con lo stesso carico, facciamo un Big Horn2. La terza settimana si aumenta il carico utilizzando una IRT moderata. La seconda Big Horn2 su questo nuovo carico, eccetera. Applicato potrebbe essere una cosa del genere:

 

Settimana 1 seduta principiale 80 kg 4 x 4 serie
Settimana 2 seduta principale 80 kg 7,3,3,3,3,6, Big Horn2.
Settimana 3 seduta principiale 87,5 kg 3 x 5 serie
Settimana 4 seduta principale 87,5 kg 6,3,3,3,3,5, Big Horn2.

 

Il Big Horn1 ad intensità si presta ad essere utilizzato in diverse situazioni, però anche qui ho visto tecnici utilizzarlo a settimane alterne.

In entrambi casi (versione 1 e 2) la fatica metabolica e neurale è alta per cui pensare a questo metodo a settimane alterne lascia molto spazio alla programmazione e permette di rigenerare al massimo.

 

Settimana 1 seduta principiale 100 kg 1, 85 kg 6,5,4, 95 kg 1 x 2 serie
Settimana 2 seduta principale 85 kg 3 x 7 serie
Settimana 3 seduta principiale 102,5 kg 1, 85 kg 6,5,4, 97,5 kg 1 x 2 serie
Settimana 4 seduta principale 90 kg 2 x 6, 85 kg 5 x 1 serie

Eccetera.

 

Non è la prima volta, parlando ad alti livelli di pesi, che incontrerete il concetto di anti intuitivo. Ci sono cose che funzionano e che sono esattamente l’opposto di quello che sembrerebbe logico fare. Il tempo di applicazione della Forza nello Stacco da terra (ma in generale) possiamo dire sia anti intuitivo. L’uscita dal petto nella Panca piana è sicuramente anti intuitivo, la programmazione di base della Forza dei pesisti cinesi è senz’altro anti intuitiva.

Il Big Horn1, e il ladder del Big Horn2 sono decisamente in questo spettro.

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Il riscaldamento dei 3 fondamentali

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Di Andrea Campana
Laureato magistrale in scienze motorie
Diplomato Corso Alta Formazione AIF 2021
Contatto instagram: andrea_campa90

 

 

Il riscaldamento è una fase di fondamentale importanza in qualsiasi disciplina sportiva, ha sia un senso strutturale che uno coordinativo. Infatti non solo ci serve per preparare tutti i vari tessuti e le strutture che verranno messe sotto stress nel lavoro principale, ma ha anche l’obiettivo di “rispolverare” il movimento dell’esercizio che andremo a svolgere. Come possiamo eseguirlo al meglio per poter dare il massimo sotto il bilanciere? Ecco un’idea. Personalmente suddivido il riscaldamento in 4 fasi.

 

Riscaldamento generale.

Qualsiasi tipo di lavoro che faccia salire la frequenza cardiaca e la temperatura corporea, in base anche alle nostre preferenze. Possiamo utilizzare attrezzi come il vogatore, l’assault air bike, il tapis roulant, ma anche un lavoro a corpo libero come salto con la corda o un circuito di esercizi semplici come jumping jack e mountain climber. Cinque minuti posso bastare se eseguito con un po’ di intensità.

 

Riscaldamento articolare.

Entriamo un po’ più nello specifico andando a risvegliare le nostre articolazioni. Circonduzioni della testa, spalle, bacino, anche e caviglie, inclinazioni e rotazioni della colonna. Talvolta può capitare di percepire particolari tensioni o fastidi, è proprio in questa fase del riscaldamento che vado ad utilizzare un foam roller o una pallina per massaggiare determinate parti del corpo. Normalmente, è consigliabile utilizzare prima questi due strumenti (o altre forme di massaggio), per poi eseguire eventuale stretching statico sul muscolo massaggiato, e infine passare alla mobilizzazione delle articolazioni.

 

Riscaldamento specifico.

Entriamo sempre più nel dettaglio andando a mobilizzare e pre-attivare le zone interessate dall’esercizio che andremo a svolgere, io faccio eseguire 2 serie di un circuito composto da 3 esercizi, che possono variare in base al livello dell’atleta:

 

Squat:

 

  •  Mobilizzazione e attivazione del tratto lombare della colonna: gatto con elastico, durata 1’. Con il tempo passare ad un elastico più duro.

 

 

 

 

  • Pre-attivazione del medio gluteo: granchio con elastico sopra le ginocchia, 10/12 passi a destra e 10/12 a sinistra.

 

  • Plank o una qualsiasi sua variante (in base al livello), con i gomiti molto avanti, con zavorra o una plank kettlebell pull through. Interessante svolgerla anche senza la retroversione del bacino, quindi con la pancia aperta e una normale curva lombare, proprio come viene mantenuta durante uno squat.

 

Panca:

 

  •  Estensioni del tratto toracico su foam roller, con o senza carico a seconda del livello, 10 respiri.

 

  • Pre-attivazione gran dorsale e muscoli adduttori delle scapole: aperture con elastico, 10 ripetizioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  • Allungamento flessori della coscia, dalla posizione di affondo con ginocchio a terra spinte in avanti del bacino con busto che cade all’indietro. 10rip. Personalmente questo mi fa sentire meno rigido sulla parte anteriore del bacino durante il set-up, dove alzare il più possibile il sedere mi aiuta ad agganciare meglio le scapole.

 

  • Per i principianti inserisco anche un lavoro di propriocezione: in piedi mani appoggiate su un bilanciere ad altezza delle spalle, adduzione e depressione delle scapole, 10/12ripetizioni.

 

Stacco:

  • Gatto con elastico, proprio come per lo squat.
  • Stacco a gambe semi-tese, bilanciere vuoto, 15 ripetizioni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  • Plank laterale, 45”

 

  • Frog stretch per chi fa sumo, partire da una posizione che permette di tenere la lordosi lombare, da lì scendere sempre più in profondità mantenendo la curva della schiena, 10 ripetizioni+ tenuta per 10 respiri all’ultima ripetizione.

 

Avvicinamento al carico di lavoro.

 

Iniziamo a fare l’esercizio vero e proprio, effettuando una progressione del carico fino ad arrivare a quello con cui dobbiamo lavorare. Più l’intensità della seduta è alta e più saranno le serie di riscaldamento, più ci avviciniamo a carichi sub-massimali e più piccoli saranno i salti di peso tra le serie. Un’idea può essere quella di fare salti del 10% per carichi medio/bassi, dal 75% in su meglio andarci con calma e salire del 5%. Il concetto è proprio quello di “scaldare” il movimento, ricercando le stesse sensazioni con l’aumentare dell’intensità. Sappiamo che lavorare con sovraccarichi può portare alla rigidità di alcune strutture, questi esercizi quindi diventano importanti non solo per prepararsi ad un’alzata in particolare, ma anche per mantenere o in alcuni casi migliorare la propria mobilità.

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CASE STUDY: DAL POWERLIFTING ALLO STREETLIFTING

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Articolo di Alessio Erba
Coach presso Crossfit Lambrate
Barbarians Powerlifting Milano
Docente Senior AIF

Una nuova occasione sportiva

 

Avrete di sicuro sentito parlare dello Streetlifting. Ecco la Streetlifting Italia SLI a fine maggio ha organizzato il 1° Campionato Italiano.

Il tutto al PALAFIPL di San Zenone (sede della FIPL), che per l’occasione si è vestito di inedita attrezzatura per ospitare la competizione di questa giovane disciplina, costola del calisthenics, che si vuole presentare al mondo come espressione della forza a corpo libero.

Francamente mi è sembrata una ottima idea far partecipare alcuni ragazzi che preparo per il powerlifting agonistico duro e puro. Per un paio di motivi importanti:

Primo, far cambiare loro un po’ aria e ‘distrarli’ per un attimo dalla preparazione ultra specifica del PL.

Secondo, come coach, non posso negare di essere interessato a vedere quanto transfer il lavoro di qualità del PL abbia su queste alzate di forza, vedere come si muovono gli atleti specializzati in Dip e Trazioni e capire lo stimolo che queste alzate possano dare, a loro volta, sulla prestazione di un Powerlifter.

 

TRAZIONI

 

Per quanto riguarda le trazioni, il ragionamento a priori è stato guidato dal fatto che essendo la tirata verticale meno specifica e forse meno tassante sul sistema, saremmo riusciti a far coincidere una progressione capace di non interferire troppo con Stacco da terra.

Nel nostro caso abbiamo inoltre optato per la presa supina ovvero il cosiddetto “chin up”.Questa scelta non è stata fatta non esclusivamente per massimizzare kg in gara ma perché rispetto alla variante prona in chiusura ha un grosso vantaggio, ovvero quello di predisporci a chiudere l’angolo utilizzando il bicipite.

Tipicamente inoltre, nelle trazioni prone a carichi limite possiamo notare una notevole elevazione della scapola in chiusura: questo, oltre ad essere svantaggioso a livello geometrico, confonde il pattern motorio della panca piana ovvero (semplificando) attivazione dorsale e gestione scapolare con depressione e adduzione delle stesse.

 

DIPS

 

La questione qui è probabilmente più complessa e ancora tutta da analizzare.

Il problema principale per me sta nel cercare di NON creare delle interferenze negative con la Panca piana.

Questo perché nel nostro caso, rimane l’esercizio da Gara, esercizio che richiede estrema precisione e propriocezione. Aggiungere troppo stress potrebbe equivalere a creare un effetto palla di neve: l’atleta non ha più buone sensazioni (vitali) nella Panca piana, conseguentemente peggiora la gestione scapolare. Col rischio di perdere, anche sulle Dips, quella compattezza che sembra essere un vantaggio che il panchista si porta dietro.

In questo contesto, fra l’altro, abbiamo adoperato una impostazione tecnica dell’alzata atipica:

L’idea di scendere in mezzo alle braccia e concentrarsi a creare appoggio sul dorsale. Praticamente l’idea del caricamento sulla linea di uno Squat.

Contrariamente, tra i calistenici ho notato una tendenza evidente ad andare a ricercare un (forse) eccessivo “lean-forward” di baricentro che porta di molto le spalle avanti in discesa.

Paragonandolo allo Squat, dove il bacino sta alla spalla come il ginocchio al gomito, mi ha ricordato l’estemizzazione della ricerca d’anca nello Squat col sitting back vecchio stile.

Il grosso limite di ciò storicamente è che non è una dinamica che ci consente di essere VALIDI, ovvero sotto il parallelo.
Allo stesso modo, se il regolamento diventa serio e preciso e le Dips fatte veramente sotto il parallelo, il buttarsi troppo avanti da la sensazione di una uscita più facile ma toglie poi forza al momento dello Sticking point, rendendolo più evidente. Cosa negativa, ovviamente.

Oltre questo è evidente che ‘scendere’ diventa più complicato e anche articolarmente più rischioso. Sono tutti ragionamenti che più la storia agonistica si farà avanti (con un regolamento certo) e più sarà possibile approfondire e sviluppare.

 

Bando alle ciance, analizziamo il programma:

 

https://www.evernote.com/shard/s396/sh/39a50ce7-75ec-5675-46cd-c2e20bc5b9dc/5d9b63a7d30488043ced7c2515651dee

 

L’analisi è semplice e complessa allo stesso tempo.

La programmazione dei 3 big, pur restando molto “Powerlifting-centrica”, l’utilizzo praticamente esclusivo di varianti del gesto di Gara rende questo troppo aspecifico per preparare una competizione di Powerlifting. Abbiamo sempre e solo varianti. Contrariamente, risulta più specifico l’approccio su Dips e Chin-ups.

Perchè?

Innanzitutto partiamo dal fatto che nella parte Powerlifting questa è una lunga Fase Estensiva https://m.facebook.com/AccademiaItalianaForza/posts/2239210602858597/?locale=es_LA&_rdr se si considera il buon livello del soggetto.

L’enfasi sul controllo motorio ed il gesto rappresenta, si sa, la parte fondante di questa Fase molto ricercata dal programma stesso. La cura maniacale del dettaglio va di conseguenza.

Questo ci aiuta non solo in ottica Powerlifting nel nostro caso, ma secondo me moltissimo anche in ottica Streetlifting e potenziamento della Forza in generale. La perfezione del gesto su una alzata tecnicamente complessa come la panca si traduce in una migliore attivazione e linea in un esercizio più motoriamente semplice (in senso relativo, si intende) come le Dips. Aumentando la nostra “cilindrata”, possiamo capitalizzare al meglio tutto quello che le altre alzate possono darci e soprattutto permetterci di farlo a fine allenamento se siamo dei powerlifter.

Parlando proprio delle Parallele, come abbiamo già analizzato, abbiamo delle similitudini evidenti con la dinamica dello Squat: come esso richiede non solo gestione degli angoli critici, ma un ritmo ben preciso tra appoggio e spinta dal punto più basso, in modo tale da avere una alzata più efficace possibile.

Ha bisogno in sostanza sia di reps sia di percepire carico, in sostanza. Ecco perché trovate disparità fra le sedute, tra i 5 mav e gli 1 mav.

 

 

Come potete notare l’approccio è stato tutto fatto secondo logica di autoregolazione vincolata a rpe percepito. Questo ci ha permesso di lavorare senza troppi pensieri e di fidarci delle sensazioni interne non avendo dei massimali definiti.

Chiaramente qui l’egolifting lo lasciamo a casa, scordatevi possa funzionare senza un minimo di autocritica.

Tracciando i progressi in termine non solo di kg sollevati ma di qualità delle reps, è seguita la fase di intensificazione. Come potete notare anche MOLTO breve devo dire, questo perché per generare progressione qualitativa ci siamo anche magari soffermati qualche settimana su dei kg per cercare di farli meglio e più fluidi, senza forzare adattamento con RPE più alti di settimana in settimana.

La logica è stata sempre relativamente al COME un sovraccarico è stato spostato.

Ricordiamoci che prima di tutto abbiamo anche tutto il lavoro da pl, quindi il livello di energia chiaramente non è come ad inizio allenamento seppur ci sentiamo di muoverci bene per l’imprinting delle alzate svolte. Questo dato ha fatto sì che scaricando leggermente il lavoro globale e avendo poi le alzate in ordine di gara, siamo riusciti a garantire la brillantezza sotto carico, faticosamente ricercata in allenamento e ritrovata poi facilmente grazie al taper.

 

Guardate la differenza fra 100 di dips in palestra ed in gara:

 

Video 100 in palestra @ Pit Vipers

 

100 in gara

 

Video 120 in gara

 

Pasticcino finale, PR di Squat di +12,5kg rispetto ai Trials Senior di 8 settimane prima, ma per questo, bisognerebbe fare un altro articolo.

 

Video Pr squat

 

Chiudo lanciando una provocazione: siamo sicuri che prioritizzando e specifizzando il programma avremmo potuto fare di meglio? Il bello di questo sport è che è nuovo, figo ed inesplorato: le prossime gare daranno le risposte che cerchiamo.

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Atletica leggera & Powerlifting

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Di Stefano Tintori
Docente Accademia Italiana della Forza
Preparatore Atletico
Head Coach Bergamo Powerlifting
Laureato in Scienze Motorie (UNIMI)

 

Vorrei analizzare una testimonianza di Carlo Calabrese, atleta Elite di Powerlifting (Campione in carica della categoria -93kg Senior) con un passato da agonista nel lancio del martello.

 

“Ho iniziato a praticare atletica leggera (lancio del martello) all’età di 15 anni, mentre il lancio del giavellotto all’ età di 19; come risultati agonistici ho ottenuto 9 bronzi, 3 argenti e 1 oro ai campionati italiani nelle varie categorie di età e una convocazione in nazionale under 18.

RISULTATI PASSATI

 

Le mie miglior prestazioni nel lancio del martello sono state: 56.98m (4kg cat. U16), 67.89m (5kg cat. U18), 64.80m (6kg cat U20), 63.55m (7.260kg cat. Senior).

Ho deciso di abbandonare l’atletica leggera nel 2018 (a 24 anni) per vari infortuni tra cui uno strappo del pettorale sinistro e una tendinopatia acuta al tendine di Achille, ora sono ormai quasi 5 anni che non pratico più il lancio del martello, ma ogni anno per divertirmi e dare una mano alla mia società mi cimento in una gara.

RISULTATI ATTUALI

 

I risultati ottenuti questi anni senza effettuare allenamenti specifici, ma solo la programmazione di powerlifting, sono passati da una misura di 52.80 metri fatti nel 2018 (dove era meno di un anno che avevo smesso di allenarmi nei lanci, quindi sicuramente una buona componente di specificità ha pesato) ad una misura di 56.40 metri, ottenuta quest’ anno dopo quasi 5 anni di inattività (vecchio PB 63.55 metri ottenuto nel 2017), e quindi perdendo ulteriormente l’abilità specifica residua rispetto al 2018.

Cosa è successo in questi anni? Ho migliorato la tecnica di lancio? No, anzi è peggiorata, visto che più anni passano e più si vanno a perdere gli automatismi del gesto.
È migliorata la mia reattività? No la reattività dei piedi è peggiorata vista la totale assenza di esercizi specifici.

Semplicemente in questi anni ho lavorato con criterio sulla forza andando a migliorare tutti i vari parametri e soprattutto facendo lavori tecnici che mi hanno permesso di migliorare alcune attivazioni muscolari che prima non ero in grado di avere.

Anche non allenando direttamente la forza esplosiva, i parametri non sono peggiorati, questo vuol dire che tutto il lavoro con i pesi non mi ha “rallentato”, anzi. Con questo non voglio dire che il lavoro tecnico e di reattività non serva, anzi, è la base per il miglioramento, ma che il lavoro FATTO BENE con i pesi è altrettanto importante per migliorare le prestazioni.

METODOLOGIE UTILIZZATE

 

Negli anni precedenti al powerlifting, i miei allenamenti con i sovraccarichi erano principalmente composti da 3 sedute settimanali dove si alternavano movimenti della pesistica olimpica (strappo e slancio), squat, panche, pullover, mezzi squat, squat jump a esercizi di “forza speciale” cioè esercizi con delle caratteristiche simili al gesto di gara ma con sovraccarichi maggiori rispetto a quelli utilizzati in gara.

Per quanto riguarda la metodologia di allenamento, utilizzavo soprattutto nel periodo vicino alle competizioni, metodi a contrasto, cioè l’alternanza di un esercizio fondamentale come può essere lo squat con un mezzo squat Jump e una pliometria da un box alto 60-70cm. Mentre in off season si tendeva a utilizzare metodologie basate principalmente su piramidali.

Per quanto riguarda le esecuzioni, il focus era principalmente sullo sviluppare “SEMPRE” la maggior velocità e maggior esplosività possibile in tutti i movimenti con i sovraccarichi, andando molte volte così a bypassare la componente muscolare degli esercizi spostando il lavoro sulle articolazioni; un esempio lampante può essere quello di una panca effettuata con un tappetino sul petto e un rimbalzo su esso per cercare la massima velocità di uscita.

Purtroppo in molti sport sia individuali che di squadra l’allenamento con i pesi è visto ancora come un “non importa come, ma spingi il più velocemente possibile” senza avere un minimo controllo del carico e dell’ esecuzione.

Questo oltre a provocare un alto rischio di infortuni nell’atleta, va a togliere lavoro al muscolo, andando quindi contro l’obbiettivo che ci si era prefissati con il lavoro svolto con i sovraccarichi.”

 

CONSIDERAZIONI

 

Innanzitutto, è necessario contestualizzare il livello di forza e soprattutto di specializzazione di Carlo. 345,5kg di stacco da terra al peso di 93kg sono sicuramente una prestazione fuori dal comune e per arrivarci è stato necessario un lungo percorso sia di potenziamento condizionale ma soprattutto coordinativo. Perché la differenza tra passare da 301,5kg (della prima gara di stacco nel 2018) a 345,5kg (nella gara completa nel 2022) senza praticamente variare di peso corporeo significa aver costruito un’alzata più efficiente e di conseguenza più efficace, in grado di esprimere più cavalli a parità di cilindrata.

 

 

Grosso merito di questo exploit è sicuramente da attribuire al miglioramento nello squat, alzata per lui tutt’altro che semplice e nemmeno lontanamente intuitiva considerato il suo leveraggio sfavorevole. Eppure i kg sul bilanciere in GARA (perché i kg in palestra vanno bene giusto per Instagram) sono vertiginosamente saliti passando dai 230kg del 2018, per i 250kg del 2019, fino ad arrivare ai clamorosi 275kg del 2022, che su un telaio da anti-squat come il suo sono veramente tanti.

Uno squat tecnicamente molto particolare, con una stance insolita (a tratti estrema), che però il suo allenatore Giuseppe Gargiulo ha saputo gestire al meglio in termini di programmazione per fargli rispettare i tipici elementi di uno squat ottimale, ovvero linea di spinta e appoggio muscolare in buca.

Proprio questa continua ricerca di qualità del gesto ha permesso a Carlo di migliorare il suo squat e di conseguenza massimizzare anche il suo stacco, ma la cosa davvero interessante è il miglioramento ottenuto anche nel lancio del martello senza averlo minimamente praticato. Ciò è stato possibile grazie alla gestione degli angoli complessi del suo squat e del timing di spinta del suo stacco da terra, che ha avuto transfer diretto sull’espressione di forza generale, sia a livello di segnale neurale che di coordinazione intra/intermuscolare.

Questo è il motivo per cui nella preparazione atletica è estremamente importante fare pesi, ma è ancora più importante farli bene!

Altrimenti ha davvero più senso dedicarsi alla sola pratica del gesto specifico di gara piuttosto che cimentarsi in alzate improvvisate o che ancor peggio cerchino di replicare schemi motori utilizzati sul campo.

 

 

“Ma sono martellisti, mica possono essere tecnici come powerlifters”

 

Per assurdo lo devono essere ancora di più!

Questo perché se nell’agonismo del PL a volte, grazie a determinati leveraggi, ci si ritrova a ricercare una dinamica che tende a bypassare determinati punti dell’alzata proprio perché l’obiettivo finale è la performance in pedana in termini di kg sollevati, nella preparazione atletica una scelta simile non avrebbe alcun senso in quanto si andrebbe a penalizzare drasticamente il lavoro puramente muscolare.

Quindi non si tratta di fare powerlifting nella preparazione atletica, ma di fare squat, panca, stacco e muovere il bilanciere in generale in maniere corretta: il che è ben diverso!

Purtroppo Carlo è uno tra i tanti esempi di come ad oggi la preparazione atletica con i sovraccarichi di qualsiasi livello agonistico risulta essere ancora un becero tentativo di potenziamento somministrato ad atleti con un potenziale di crescita e miglioramento incredibile, ma condannati a risultati mediocri/fallimentari per mancanza di coerenza tecnica e solidità di insegnamento nelle alzate fatte in palestra.

Vuoi scoprire come programmare e gestire il bilanciere nella preparazione atletica?
Ti aspettiamo al Workshop “I pesi nella Preparazione Atletica” il 18 Settembre 2022 a Milano.

I Pesi nella Preparazione Atletica

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STACCO PER LEVE CORTE

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Laureato in Scienze Motorie e sportive

Tecnico AIF

Coach Barbarian’s Powerclub – Roma

 

CONSIDERAZIONI TECNICHE SULL’ALZATA

 

Quando si parla di stacco da terra, spesso lo si colloca in una condizione idilliaca, senza tenere in considerazione quanto effettivamente la partita possa cambiare per chi, per le proprie caratteristiche anatomiche, non riesce a trovare la quadra con quest’alzata.
Da quello che ho potuto verificare sul campo, per questi soggetti tutto quello che funziona nel teorico non funziona nel pratico, quindi potrebbe essere opportuno approcciarsi allo stacco da terra per chi ha leve sfavorevoli (tendenzialmente, braccia corte e busto lungo), con una didattica più malleabile.

Attenzione, con questo non voglio dire che chi è svantaggiato nello stacco abbia l’autorizzazione a svolgerlo senza tenere conto dei principi fondamentali che governano l’alzata, ma che per una questione di economia, questa può essere più soggetta ad interpretazioni.

Prendiamo come esempio lo stacco regular, variante che per me risulta nella maggior parte dei casi più prestativa per un brevilineo.
Didatticamente su una normoleva o su una buona leva, un buon input (imprescindibile) è quello di approcciare al bilanciere con la lombare leggermente iperestesa e la dorsale rilassata abbassandosi sul centro del piede finchè le mani non raggiungono il bilanciere. Ecco, nella norma questa è una condizione ideale dalla quale il soggetto deve solo “allungare” e schiacciare a centro piede. Quando le braccia sono corte non funziona così per i seguenti motivi:

 

  1. Il punto di aggancio del bilanciere richiede di piegare le gambe fino a una posizione in cui è estremamente difficile mantenere la lucidità a causa del livello di fatica già presente in basso
  2. Mantenere la lombare ed usare esclusivamente la cifosi dorsale per agganciare il bilanciere , su un soggetto che per forza di cose deve partire con il busto più inclinato rispetto al pavimento, è pressochè impossibile

 

Quindi, in questo caso, vige la regola del “tutto o niente” : o ci forziamo a “tenere la schiena” o molliamo tutto e cerchiamo di dare focus sullo schiacciamento a terra.

 

Vittorio Simonelli con 175kg

 

Tenere la lombare, per un brevilineo, nella maggior parte dei casi si traduce nel creare rigidità parassite su tutta la schiena e di conseguenza precludere l’attivazione delle gambe.

Nessun brevilineo che io conosca che provi a “tenere la pancia” ha mai sentito spingere bene il piede contro il pavimento.

Alla luce di ciò il consiglio che mi sento di dare è quello di approcciarsi al bilanciere in maniera più chiusa, essenzialmente per due motivi:

 

  1. Andare a prendere il bilanciere già da “gobbi” ti fa per forza di cose arrivare ad esso con un’ anca in partenza più alta, e di conseguenza una condizione più favorevole da cui spingere.
  2. Evitare la contrazione della schiena ci permette di creare sin da subito più connessione con il pavimento.

 

Ci tengo a specificare che questo approccio è un palliativo in caso vi sia una condizione sfavorevole estrema, e che è ovvio che porterà altre tipologie di problemi tecnici, primo su tutti in chiusura: chi parte gobbo tendenzialmente parte molto veloce da terra fino al ginocchio per poi incontrare uno sticking point estremamente marcato dopo di esso.

Sempre Vittorio con 195kg, postura più chiusa

 

COME PROGRAMMARE?

 

In caso vi sia una situazione simile, secondo me , si amplifica il concetto dello squat che condiziona lo stacco.
Nell’ ultimo periodo si è visto come lo squat , essendo il motore primario dell’ arto inferiore, vada a limitare l’ esigenza di programmare lo stacco con sedute particolarmente pesanti o voluminose, a prescindere dalla leva.
Come gestire quindi la programmazione di stacco dando per scontato che lo squat sia ben programmato?
Sicuramente partire dal basso rappresenta il modo migliore per arrivare in forma al test:

  1. Partire a percentuali basse ti permette di creare un feeling positivo sin da subito, senza creare meccanismi inibitori/rigidità molto comuni in chi tendenzialmente si approccia allo stacco in maniera poco serena.
  2. Partire a percentuali medio/alte ti fa raggiungere il picco di forma troppo presto (concetto che vale , secondo me , anche per una buona leva)

 

Un altro fattore da tenere in considerazione è la possibilità di rimanere ASPECIFICI fino a fine programma.

Tendenzialmente si è portati a pensare (giustamente) che il buon feeling con l’alzata venga creato in una fase iniziale della programmazione, creando solide basi da trasportare nella fase di intensificazione, dove, poi, si limiteranno le varianti e si renderà l’alzata più simile possibile a quello che è il gesto da gara.
Ora, però, sorgono due problematiche:

 

  • L’ alzata specifica in chi ha le leve corte ha un margine di tempo/buone sensazioni veramente breve
  • La frequenza settimanale deve essere per forza di cose limitata rispetto a chi ha una buona leva.

 

 

Come si potrebbe gestire quindi una fase di intensificazione in chi può fare massimo due stacchi settimanali e neanche troppo pesanti?
Personalmente utilizzo sempre la variante come seduta principale , ovvero la salita in 4’ secondi, tendenzialmente con una singola.
Questo mi permette di raggiungere con volumi di lavoro irrisori e in tempi veramente corti il carico che in quella settimana voglio che l’atleta muova bene, mentre la variante “salita lenta” permette il mantenimento settimanale delle stesse (buone) sensazioni.

  • SETT 1: Singola fino 70% salita 4’ + back off 10% 3×3
  • SETT 2: Singola fino 72,5 % salita 4’ + back off 10% 3×3
  • SETT 3: Singola fino 75% salita 4’ + back off 10 % 3×3
  • SETT 4: Singola fino 77,5% salita 4’ + back off 10 % 3×3
  • SETT 5: Singola fino 80% salita 4’ + back off 12 % 3×3
  • SETT 6: Singola fino 82,5% salita 4’ + back off 12% 3×3
  • SETT 7: Singola fino 85% salita 4’ + back off 12% 3×3
  • SETT 8: Singola 87% salita 4’ + back off 12% 3×3
  • SETT 9: Singola 90% (SETTIMANA TEST / GARA)

 

In un’eventuale seconda seduta (per me non obbligatoria), potrebbe essere sensato mantenere una seduta molto leggera della variante opposta, in questo caso sumo, ad esempio un 4×3 al 60% fisso.

Ci tengo a sottolineare di nuovo che un programma cosi leggero , che mira prettamente al sentire le corrette sensazioni piuttosto che al condizionamento muscolare, risulterebbe COMPLETAMETE deallenante in un contesto di squat mal programmato.

I Pesi nella Preparazione Atletica

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